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FERRIERA SERVOLA, RISCHIO SCONGIURATO

Rischio chiusura scongiurato per la Ferriera di Servola: dopo il vertice di stamani in Regione e lo sciopero indetto unitariamente da tutte le sigle sindacali, la data del primo febbraio (annunciata come quella in cui l’attività dello stabilimento siderirgico sarebbe cessata) non fa più paura. L’azienda Lucchini ed Elettra, centrale di cogenerazione che produce energia sfruttando i gas di risulta dell’impianto giuliano, hanno, infatti, raggiunto un accordo per sbloccare subito 8 milioni di euro destinati all’acquisto delle materie prime e a garantire la produzione.
Sembra, quindi, sciolto, almeno per il momento, il nodo cruciale della liquidità della Ferriera, fino a poche ore fa causa principale della paventata chiusura.
Intanto, ieri mattina, erano davvero in tanti a sfilare per le vie di Trieste: intere famiglie, centinaia di persone, per salvare lo stabilimento di Servola e il suo indotto. Una mobilitazione generale, alimentata anche dagli accorati appelli del vescovo Crepaldi, ed organizzata contro lo spegnimento degli impianti, drammaticamente annunciato dalla proprietà Lucchini per il primo febbraio, se entro tale data non fossero stati sbloccati i soldi necessari alla produzione. Dopo lo stretto pressing dei giorni scorsi e due assemblee mattutine, prima presso la Sertubi (azienda che vive della ghisa di Servola) e poi presso il circolo della Ferriera, sindacati, politica, lavoratori, cittadini sono scesi insieme in corteo fino davanti al palazzo della Regione. "Abbiamo rivolto un appello a tutte le istituzioni – spiega per la Fim Cisl provinciale, il segretario Umberto Salvaneschi – perchè si attivino per creare un interesse industriale attorno alla Ferriera: sappiamo che l’era Lucchini è terminata; ma sappiamo anche che c’è un imprenditore italiano disposto a rilevare il sito. Perchè questa soluzione vada a buon fine occorre però che gli impianti rimangano attivi e che siano create le condizioni economiche favorevoli". Un sospiro di sollievo, dunque, per la Ferriera, ma anche per tutto l’indotto (oltre un migliaio i posti di lavoro complessivamente a rischio), a partire dalla Sertubi, azienda strettamente legata alla ghisa prodotta a Servola, e che, senza la soluzione di ieri mattina, sarebbe stata costretta a ricorrere alla cassa integrazione straordinaria per un anno. "Se chiude la Ferriera – incalza Salvaneschi – Trieste muore". Il nodo cruciale, come si diceva, risultava lo sblocco della liquidità, ovvero dei soldi (352 milioni) intascati dalla Lucchini a fronte della vendita della controllata francese Ascometal e ormai in mano alle banche e quelli (46 milioni) dovuti dalla società Elettra. In particolare a tenere banco è stato proprio il contenzioso tra il colosso siderurgico e la proprietà di Elettra, ed i mancati pagamenti della fornitura di gas da dieci mesi a questa parte.
"Devono farci sapere se si sbloccano questi soldi – spiega Salvaneschi – e soprattutto bisogna che chi di dovere capisca che se gli impianti non restano accesi nessun imprenditore prenderà questa fabbrica".
Appello accolto nel corso del vertice di ieri mattina tra Regione, Comune, Lucchini ed Elettra, con la decisione di mantenere l’attività e la produzione oltre il primo febbraio, dietro la continuità di pagamento da parte della stessa Elettra.
"Tuttavia – commenta il segretario della Cisl giuliana, Luciano Bordin – il rischio rimane scongiurato solo temporaneamente: occorre quanto prima andare verso un accordo di programma che veda coinvolti il Governo, la Regione e gli Enti locali per risolvere i problemi dell’area Ferriera, tenuto conto del venir meno nel 2015 del Cip6. Aspettiamo a breve che il Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia dia avvio a questo percorso coinvolgendo da subito il Governo nazionale".
Mariateresa Bazzaro