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BONANNI, MOMENTO DELICATO: OCCORRE USARE IL BUON SENSO (intervista video al tg Cisl nazionale del 13 marzo 2012)

All’indomani del tavolo notturno con il ministro Fornero sulla riforma del mercato del lavoro, Raffaele Bonanni mette con forza al centro della discussione l’economia, esortando l’Italia a tornare a correre e ritrovare coraggio. Lo fa, prima da San Giovanni al Natisone (Ud) e poi da Trieste, ospite in Friuli Venezia Giulia in occasione di un partecipato consiglio generale del Sindacato e dell’incontro con il Forum delle persone e associazioni di ispirazione cattolica della regione.
“La situazione che stiamo vivendo – esordisce nel cuore del Triangolo della Sedia – è densa di eventi, ma anche di opportunità. Malgrado il momento di forte spaesamento e la volontà di alcuni di attardarsi sui vecchi modi di pensare come se il mondo non fosse cambiato e la democrazia e il welfare potessero prescindere dalle vicende dell’economia, dobbiamo avere coraggio”. Coraggio e responsabilità, a cui – per la Cisl – tutti devono essere chiamati. Compresi la politica ed il Governo. Bonanni non fa sconti nemmeno sull’Esecutivo, puntando il dito sul punto più critico della trattativa della scorsa sera. “Quello della mobilità – precisa subito – non è un fatto di poco conto: il Governo vorrebbe ridurre in sostanza il tempo e la copertura economica dell’ammortizzatore, quasi dimezzandola e questo assolutamente non va bene. Siamo di fronte ad un nodo cruciale che deve essere risolto se si vuole chiudere l’accordo”. Bene, invece, per il leader cislino l’intenzione di andare verso un apprendistato irrobustito come canale principale di accesso al lavoro per i giovani e bene anche la scelta di premiare i tempi indeterminati, facendo costare di più quelli a scadenza. “Spero – dice poi Bonanni – che il Governo mantenga la parola e si predisponga a tagliare la testa alle partite iva, agli associati in partecipazione e a tutte le flessibilità malate, che sono la vera vergogna di questo Paese”. Quanto alla dead line posta dall’Esecutivo, Bonanni precisa: “A noi più che la data interessa la qualità dell’accordo e la possibilità che vada in soccorso alla gente e non contro la gente”. Del resto permangono dei problemi oggettivi da superare, primo fra tutti, appunto, quello della mobilità.
Dopo la riforma delle pensioni, che ha già messo in ginocchio migliaia di persone, a partire dai cosiddetti esodati, un ulteriore strappo sui lavoratori proprio non ci sta. “Per assottigliare il debito di 2mila miliardi consigliamo al governo di vendere dei beni demaniali” anziché in sostanza ricorrere alla pelle dei lavoratori.
Insomma, oggi più che mai, in un momento così delicato occorre usare il buon senso e non sottrarsi o defilarsi, come hanno fatto i partiti politici, di fronte alle proprie responsabilità. Il problema vero – per Bonanni – ruota tutto intorno all’economia, ancora ferma ed in posizione difensiva. “L’Italia – sprona – deve cominciare ad affrontare concretamente alcuni temi, trovare l’energia per porsi fuori dalla condizione di grande precarietà in cui si trova”. La strada per uscire dall’impasse non può che essere quella degli investimenti, da attrarre e da sviluppare. Esattamente il contrario di quello che sta accadendo in val di Susa – richiama il segretario – un altro esempio di Italia che non va. “Da dieci anni, malgrado tutte le garanzie – commenta, alludendo anche al diverso agire dei francesi – non si riesce a risolvere la vicenda, se non con la violenza”. Idem sui rigassificatori. “Finchè non ci saranno investimenti – continua Bonanni – non ci sarà pace per i nostri giovani, né lavoro e benessere. E’ dalla buona economia che viene il lavoro!”.
Certo, in Italia c’è molto da fare su questo fronte: occorre garantire controversie del lavoro più snelle, infrastrutture, costi dell’energia più bassi. “Io spero – chiarisce il leader cislino – che dinnanzi a tutte queste partite, si abbia la forza di fare un Patto sociale forte per poter campiare ed avviare riforme vere, a partire dalla riforma del fisco.
“Il Paese – conclude – deve tornare a correre”.
Così come il Friuli Venezia Giulia, dove mancano politiche industriali capaci di guardare alla media e lunga distanza. “Ormai è chiaro – specifica il segretario Giovanni Fania – che il quadro del lavoro richiede un ragionamento concreto sui temi dello sviluppo e soprattutto di dare priorità a quel comparto manifatturiero, che rimane la spina dorsale del tessuto produttivo del Friuli Venezia Giulia e che oggi sembra abbandonato a se stesso. Bisogna strutturare assolutamente un tavolo di confronto permanente, una sorta di task force non solo per monitorare, ma gestire davvero la crisi e soprattutto individuare gli strumenti e le risorse per la ripresa”.

Mariateresa Bazzaro