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ESODATI, UN MIGLIAIO A PORDENONE

La sorpresa è di questi giorni, quando l’assegno dell’indennità di mobilità o non è arrivato proprio oppure è stato recapitato ma con un importo risibile. Per contro alla pensione mancano ancora mesi. Eccoli i primi “esodati” pordenonesi, persone che, sulla base di accordi con l’azienda a cui appartenevano, poi ratificati in Regione e al ministero, hanno lasciato il lavoro per accedere alla mobilità e, al termine di questa, alla pensione. Quanti siano è difficile saperlo. Di certo buona parte dei 3 mila 893 ex lavoratori che, al 31 dicembre dello scorso anno, risultavano iscritti alle liste della mobilità. Non tutti, ovviamente, perché tra loro ci sono quelli comunque inseriti nello speciale elenco ma sono ancora lontanissimi dalla quiescenza, sempre a fronte di procedure di licenziamento individuali o collettive. Così come ci sono coloro che, pure iscritti, non hanno diritto all’indennità. Il problema “tocca” chi ha concluso a fine dello scorso anno i tre anni di mobilità (termine massimo concesso a lavoratori che sono vicini alla pensione) e che ora, per merito delle nuove regole, si trova privo di reddito. Potremmo stimare in circa 700/800 le persone che, in provincia di Pordenone, potrebbero trovarsi in questa situazione, e che si sono visti rinnovare per un periodo l’assegno di mobilità in attesa della nuova “finestra” per la quiescenza che, nel frattempo, è stata spostata in avanti. Bene, costoro stanno affollando gli uffici dei patronati e dell’Inps per chiedere lumi sull’accaduto senza – a ieri – aver ottenuto una risposta. L’assegno è stato sospeso o è arrivato ma in misura ridotta, e alla pensione mancano ancora diversi mesi. «Sappiamo ben poco – conferma Massimo Albanesi, responsabile del settore meccanica della Fim Cisl -, alle richieste di chiarimenti avanzate all’Inps non abbiamo ancora ottenuto informazioni puntuali. Ai lavoratori, quando sono state introdotte le nuove regole sulle pensioni, abbiamo suggerito di inviare all’Inps una lettera con la richiesta formale di conoscere il periodo esatto in cui avrebbero potuto accedere alla pensione. L’Istituto ha risposto comunicando la nuova data e questa informazione è servita per chiedere alle aziende di appartenenza, sulla base degli accordi sottoscritti, di versare la differenza tra quello che avrebbe dovuto essere il salario del dipendente e l’assegno di mobilità. Il problema è che ora l’indennità di mobilità non è stata, e presumiamo, non sarà erogata, e queste persone si trovano così prive di reddito». Una carenza che potrebbe protrarsi per diversi mesi. A meno che il governo non provveda rapidamente ad autorizzare l’Inps ad occuparsi degli “esodati”.