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STOP ALL’IMMOBILISMO, ANCHE IN FVG SI CAMBIA MUSICA

Anche in Friuli Venezia Giulia si deve cambiare musica superando gli immobilismi con una seria programmazione di prospettiva. In carenza di risorse è la strategia, la capacità cioè di fare scelte concrete, pur se dolorose, l’unica leva per dare nuove chance ad una regione che sta pagando alto il conto della crisi e le cui previsioni di crescita sono prossime allo zero. Ecco, allora, che da Monfalcone le Cisl di Gorizia e di Trieste lanciano a politica ed imprese la proposta di un patto forte, votato – senza se e ma – allo sviluppo. Un patto – spiega in sostanza per il Sindacato, Umberto Brusciano – che impegni tutti verso innovazioni organizzative e nuove relazioni industriali a base territoriale, favorendo la contrattazione di II livello e, di conseguenza, una produttività più spinta, a vantaggio della competitività e dell’attrattività alla struttura economica regionale”. Insomma, via libera a fattive collaborazioni per governare i cambiamenti in atto anche in Friuli Venezia Giulia. E peccato che all’appello manchi il presidente Renzo Tondo, perché il patto pro-regione incassa il consenso tanto delle imprese, tanto degli amministratori locali, con la necessità esplicitata di un tavolo dove condividere sin da subito scelte e individuare obiettivi. Il punto di partenza non può che essere la situazione attuale. ”Il timore – sintetizza il segretario generale della Cisl Fvg, Giovanni Fania – è che la classe politica, abituata ad un bilancio in crescita, non sia attrezzata a gestire le ristrettezze: ecco perché urge aprire un tavolo serio per ridiscutere il futuro assetto della regione, tenendo conto che dentro la spesa pubblica ci sono ancora margini di risparmio, a partire dallo snellimento dei livelli istituzionali”. Richiesta di tavolo appoggiata anche dal sindaco di Monfalcone, Silvia Altran, che denuncia la “tendenza a scaricare tutte le azioni di sistema sui Comuni” salvo poi paralizzarli ad esempio con la legge di stabilità, e dal primo cittadino di Trieste, Roberto Cosolini. Ed è proprio quest’ultimo a puntare il dito contro la mancanza di una strategia precisa per il Friuli Venezia Giulia, ormai alla fine di un’epoca. “Manca una visione – dice – ma anche una tecnostruttura di qualità e un sistema di relazioni con gli attori sociali e del territorio”. E gli esempi non tardano ad arrivare: così sulla gestione del porto di Trieste, “guidato in assoluta continuità con la gestione delle infrastrutture pubbliche che avrebbero dovuto essere di sviluppo, chiuso agli investimenti e che privilegia i rapporti consolidati con operatori portuali allergici al mercato”. Eppure sulla portualità molto si potrebbe fare, al di là di un’opportuna revisione della legge, a partire – spiega Altran – da una gestione in chiave di Nord Adriatico, “con qualche puntata anche su Capodistria e Fiume”. Insomma, è tempo di razionalizzare ed efficientare il sistema, facendo un’analisi seria dell’esistente e vedendo cosa funziona e cosa no (così, sempre per riprendere gli esempi di Cosolini, le Cciaa e le Fiere). Del resto l’efficienza ed un sistema che funziona sono i più forti elementi di attrazione di un territorio verso le imprese. E a questo proposito è il responsabile delle relazioni istituzionali di Fincantieri, Marcello Sorrentino ad indicare cosa serve ad un’azienda. “Quello di cui Fincantieri (di cui 1/3 di volume d’affari origina da Monfalcone) ha bisogno è il sostegno concreto alla nostra capacità di innovare e diversificare il prodotto in una logica di internazionalizzazione”. “Condivido – aggiunge Sorrentino, richiamando alcuni bandi ministeriali da anni sulla carta – la proposta di un tavolo e di un patto, ma credo che ci voglia anche qualcosa di più: la concertazione va trasformata in atto concreto”, che significa anche un migliore funzionamento della filiera istituzionale e certezza delle regole e delle norme. Serve, poi, una svolta “culturale”, richiamata dal segretario nazionale della Fim, Alberto Monticco, che spinge sulla necessità che l’industria torni ad essere interpretata come patrimonio italiano e sostenuta anche attraverso la formazione, oggi a catalogo e non sufficientemente tarata sulle esigenze reali, e un più stringente incontro tra domanda e offerta di lavoro. “La musica in questo Paese – conclude la nazionale della Cisl, Anna Maria Furlan – va cambiata, rimettendo in discussione il sistema dall’inizio alla fine, ritrovando, con il contributo della legge e della magistratura, la capacità di decidere dove investire”. “Non dimenticando – aggiunge – che il tema dei costi della politica e dei livelli istituzionali incide sul nostro Paese per 15 miliardi l’anno, che potrebbero essere investiti in R&S, infrastrutture e lavoro”.

Mariateresa Bazzaro
Ufficio stampa Cisl Fvg