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SERTUBI, NO ALLA COOPERATIVA: ATTRAIAMO IMPRENDITORI

Da Il Piccolo E sul Tavolo di riconversione dell’area di Servola guidato dall’assessore regionale a Programmazione e finanze Sandra Savino rischia di deflagrare ora la situazione dell’indotto della Ferriera con i suoi 300 lavoratori dal momento che il commissario Piero Nardi al momento del suo insediamento ha ordinato il blocco dei pagamenti per i subappalti. Ma vi confluirà anche il caso Sertubi soprattutto nell’obiettivo di ricollocazione dei circa 140 dipendenti attualmente in cassa integrazione straordinaria. A questo proposito Umberto Salvaneschi segretario provinciale di Fim-Cisl contesta il progetto della Fiom-Cgil che vedrebbe bene il formarsi di una cooperativa di lavoratori per acquisire e gestire una nuova Sertubi salvaguardando il ciclo produttivo. «A parte la difficoltà quasi improba dell’operazione – afferma Salvaneschi – è incredibile che la Fiom che non ha firmato l’accordo venga a proporre ai lavoratori di versare nel capitale sociale l’indennità di mobilità che non avrebbero mai percepito se non fosse stato per noi e per la Uilm che al contrario abbiamo sottoscritto l’accordo. E poi, è mai stato fatto un sondaggio per vedere se i lavoratori sarebbero favorevoli a una prospettiva del genere, tenuto conto che per avere una minima possibilità di riuscita sarebbe indispensabile che vi aderisse la grande maggioranza di loro?» E Michele Pepe, rappresentante di fabbrica di Fim-Cisl, oltre che uno dei 65 sopravvissuti alla falcidie attuata nello stabilimento triestino da Jindal Saw Italia, adombra il pericolo che il gruppo indiano intenda chiudere anche quello che è diventato un semplice centro logistico e di vendita a Trieste «non appena sarà entrato in funzione a pieno regime il nuovo stabilimento che hanno realizzato a Abu Dhabi». Pepe rivolge invece un nuovo appello ai politici locali affinché agevolino l’arrivo di un nuovo imprenditore al quale secondo il rappresentante di fabbrica i politici triestini dovrebbero dare «garanzie e certezze per un futuro di produzione sul sito triestino». E afferma di «non condividere le affermazioni di chi ha sostenuto che una fabbrica come Sertubi non ha mercato, dando così ulteriori alibi a chi vuol far scomparire l’industria da Trieste. Appena tre mesi fa e quindi nell’imminenza delle trattative che hanno portato alla drastica ristrutturazione – sostiene Pepe – il portafoglio Sertubi era di 40mila tonnellate di tubi. Quindi con un’organizzazione corretta e tagliando gli sprechi lo stabilimento poteva stare in piedi, mentre Jindal preferisce trasferire a Trieste 12mila tonnellate di tubi semplicemente da verniciare.»