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NECESSARIE LE RIFORME SOCIO-ASSISTENZIALI E DELLE AUTONOMIE LOCALI

Intervento del Segretario generale Fania, pubblicato su Il Messaggero Veneto
Chi si ferma è perduto, recitava un vecchio film, ma il motto in questione resta quanto mai attuale se rapportato al periodo di crisi che stiamo purtroppo ancora attraversando, e alle sfide che ci attendono. Da almeno dieci anni in Friuli Venezia Giulia sembra mancare il coraggio di andare avanti, avviando in modo concreto un cammino serio di riforme, spesso e volentieri sacrificato a favore di piccoli interventi volti più a rispondere a singole criticità o richieste, che a risolvere gli esistenti nodi strutturali.
Entro questa considerazione generale si pone anche la più volte rinviata – è vent’anni che ne parliamo – riforma socio-sanitaria. Eppure oggi il sistema così come strutturato non può continuare a reggere neppure sulla media prospettiva. Siamo tra le regioni che spendono di più, all’appello per garantire la tenuta mancano parecchi soldi ed il futuro non si preannuncia affatto roseo, se solo si pensa a quanto la crisi sta incidendo in termini negativi sul Pil regionale. E sarebbe assolutamente irrealistico pensare che la sostenibilità del sistema possa essere ancora garantita dal blocco del turn over e dalla sospensione degli adeguamenti contrattuali per il triennio 2010-2012 decretati dalla Manovra Tremonti. Al pari sarebbe suicida pensare di poter tenere ferma la spesa accantonando la ricerca, la sperimentazione ed, in generale, gli investimenti che le stesse veloci innovazioni richiedono. E’ chiaro, dunque, che una riforma diventa fondamentale. Una regione con appena 1 milione 200 mila abitanti non può più illudersi di poter avere in ogni ambito di area vasta l’intera filiera socio-sanitaria, magari in concorrenza. Un esercizio di questo tipo rischierebbe di far presto collassare tutto il sistema, che invece, per continuare a garantire performance e standard di alta qualità, deve puntare su un’idea più coraggiosa di riorganizzazione, intesa anche come coordinamento e indirizzo. Questo significa che il sistema socio-sanitario deve essere governato in modo più efficace, attuando una riforma vera. E’ su questo che la Cisl vuole aprire un dibattito, che non guardi tanto ai contenitori, ma soprattutto agli obiettivi che vogliamo darci, primo fra tutti (oltre naturalmente alla messa in sicurezza del SSR) il potenziamento della sanità sul territorio. Che non significa più risorse agli ospedali, ma una rete di servizi efficienti ancorata ai distretti ed in grado di prendere in carico i bisogni di salute della popolazione, in un’ottica di welfare di comunità dove sociale e sanitario sono fortemente integrati. Che significa non continuare a pagare interessi dovuti a disavanzi da gestioni discutibili e riportare, invece, ad equilibrio la spesa, eliminando gli sprechi e le inefficienze che prolificano nelle maglie del sistema. Gli esempi non mancano: dai costi delle esternalizzazioni, passando per la spesa farmaceutica. Che significa, ancora, avere la forza e la possibilità di fare programmazione a lunga gittata, reinvestendo i risparmi nella stessa sanità, vale a dire nelle nuove tecnologie, nelle professionalità, nella sperimentazione, nella ricerca, nella prevenzione. Ma soprattutto il benessere socio-sanitario complessivamente inteso deve tornare ad essere una delle condizioni, se non la principale, che contribuisce a far sentire una comunità come tale; una comunità che può contare e basarsi su servizi che funzionano. In questo quadro la riforma socio-sanitaria non può prescindere, oltre che da una seria rivisitazione delle politiche abitative, anche da un’altra riorganizzazione strutturale, cioè quella delle autonomie locali, garantendo una più puntuale coincidenza, ad esempio, tra ambiti ottimali e distretti ed eliminando tutti quegli enti intermedi che di fatto si frappongono in un giro di competenze che riguarda esclusivamente Regioni e Comuni. Comuni che, naturalmente, non potranno continuare a ragionare e salvaguardare unicamente il proprio piccolo territorio di riferimento, ma dovranno essere instradati sul cammino delle aggregazioni e delle strategie. Di fronte al quadro attuale si può anche far finta di niente, ma arriverà l’ora in cui si dovrà pagare il conto e non vorremmo che fosse eccessivamente salato. Viceversa si può scegliere di attuare una rivoluzione vera, completa, di avviare le riforme necessarie in modo coordinato e con una visione chiara di dove si vuole andare. Solo così i cittadini potranno davvero essere tutelati e garantiti nei loro molteplici bisogni.