GIU’ LE MANI DALLE PENSIONI
In un contesto politico sempre più confuso e approssimativo, in una realtà caratterizzata da una crisi economica senza precedenti di cui non si vede l’uscita, si deve per forza ricercare qualcuno cui addossarne la colpa.
Una categoria adatta allo scopo è certamente quella dei pensionati.
Non passa giorno, infatti, senza che qualcuno, autorevole o meno, che ricopra incarichi di governo o meno, non intraveda in questa categoria l’origine delle attuali difficoltà delle nuove generazioni a trovare un lavoro e, conseguentemente, a formarsi una famiglia.
Ma perché? Perché si tratta di persone che hanno un reddito, quasi sempre minimo, peraltro frutto di anni di lavoro in periodi non certo facili?
Vorrei illustrare brevemente alcuni dati da tanti trascurati, forse solo per mera disattenzione, che ci consentono, come pensionati, di non sentirci minimamente responsabili della situazione che stiamo vivendo.
Ritengo che se l’Italia, nonostante il perdurare della crisi iniziata cinque anni fa, sia tuttora la settima potenza industriale al mondo, lo deve soprattutto a quelle generazioni che dal dopoguerra in poi, con il loro duro lavoro, hanno contribuito al raggiungimento di tale traguardo.
Quello cui tali lavoratori non hanno certamente contribuito è, invece, la formazione di quel debito pubblico che oggi ci sta schiacciando tutti, giovani, anziani, lavoratori, disoccupati.
Il valore delle pensioni è fermo al 1993, anno in cui il governo Amato ha tolto alle stesse l’indicizzazione automatica.
I dati evidenziano che la perdita reale delle pensioni, in termini di potere d’acquisto, si aggira attorno al 35-40%.
A ciò si deve aggiungere che, nel biennio 2012/2013 non vi è stata neppure, per le pensioni che superano i mille euro, la rivalutazione dell’inflazione prevista sulla base dei dati stimati dall ’Istat .
Vi è, inoltre, una grande incertezza sul ripristino, nel 2014, di un aumento, seppur minimo.
Va, infine, evidenziata, la drastica riduzione del 92% dei fondi da destinare alle politiche sociali.
Quindi, a fronte di pensioni ferme, minor potere di acquisto, maggiori probabilità, collegate all’anagrafica, di dover ricorrere a cure mediche, fondi per le politiche sociali quasi inesistenti, vi è un sicuro aumento della povertà complessiva.
Senza dilungarsi troppo, con i pochi dati forniti, si può forse parlare di godimento di privilegi o di eventuali responsabilità dei pensionati nella crisi attuale?
Sfatato il conclamato privilegio, rimane da eliminare quella volontà di creare un conflitto generazionale tra chi gode di una pensione definita “privilegiata” e chi non ha reddito perché sta cercando un’occupazione, sia essa la prima o un’altra a seguito dell’espulsione dal ciclo produttivo, in quanto si rischia di creare falsi pregiudizi che non fanno certo giustizia della realtà.
Da ciò lo sforzo che la nostra organizzazione sta facendo affinché questo fuorviante dibattito in essere in merito alla responsabilità dei pensionati sulle attuali difficoltà dei giovani non mini definitivamente la già pericolante attuale coesione sociale.
Per i pensionati della CISL il lavoro rimane l’assoluta priorità da garantire perché solo l’occupazione impedirà lo sgretolarsi definitivo della società civile che è alla base della democrazia.
Nessuna richiesta che possa solo lontanamente sembrare di parte, pertanto, viene dai pensionati ma solo un impegno a tutti i livelli affinché il nostro Paese esca il più rapidamente possibile dall’attuale situazione.
C’è un bisogno assoluto di recuperare un’etica politica e morale e noi, su questo versante, siamo in prima fila evidenziando e riportando l’attenzione pubblica su coloro che sono i veri responsabili della realtà che tutti, indistintamente, stiamo vivendo.
Gianfranco Valenta
Segretario Generale Regionale FNP-CISL FVG