PERSONALE ATA, LO STATO RIVUOLE GLI STIPENDI
Da Il Messaggero Veneto Una lettera se non improvvisa, comunque certo non attesa. Tanto meno sperata. Una lettera attraverso la quale lo Stato italiano chiede la restituzione di cifre anche di qualche decina di migliaia di euro. E poi subito dopo l’inizio del decurtamento dello stipendio, per il recupero della cifra “dovuta” anche con prelievi forzati anche davvero importanti che arrivano a rappresentante la metà magari dello stipendio. E’ questo quello che stanno vivendo un centinaio di lavoratori del settore scuola della provincia di Udine. Si tratta di addetti del settore cosiddetto Ata, impiegati anche di livello medio alto, che nel 1999 furono trasferiti, praticamente attraverso un “comando” non discutibile, dagli enti pubblici ai quali facevano capo per finire sotto il ministero della pubblica istruzione. Il tutto in principio alla legge 124 di quell’anno. Allora, nel 1999, nelle scuole di ogni ordine e grado, dagli asili fino alle scuole superiori, non era infatti cosa insolita trovare del personale di supporto fornito dai più diversi enti locali: comuni, province e persino regione. Tutti dipendenti che all’improvviso, dal 1999 in poi si trovarono sotto l’ala del ministero. Ma non senza alcuni cambiamenti. Tra cui il principale era quello legato alla “temporizzazione” della carriera e non alla totale “ricostruzione”. Nella maggior parte dei casi non venne infatti riconosciuta la carriera pregressa come pure gli incarichi, le mansioni e i ruoli ricoperti quando il datore di lavoro era l’ente locale. Molti accettarono questo procedimento. Diversi invece decisero di presentare ricorso al giudice del lavoro. Tra cui appunto un centinaio in provincia di udine. In primo grado arrivò la sentenza a favore dei lavoratori, con conseguente adeguamento degli stipendi e della carriera. Ma già nel 2007, in sede di Finanziaria nazionale, arrivò la prima posizione ufficiale del Governo che ribadiva come la ricostruzione della carriera in questi casi non fosse dovuta. Ma la pietra tombale sulle speranze dei lavoratori è caduta solo di recente, con il pronunciamento della Cassazione, che ha ribaltato la sentenza di primo grado. Da qui l’invio delle inattese lettere ai lavoratori e soprattutto l’avvio dei provvedimenti di prelievo sugli stipendi. «Siamo di fronte a situazioni assurde e gravi – spiega il rappresentante regionale della Cisl scuola Donato Lamorte -. Oltretutto situazioni di fronte alle quali è ormai impossibile fare qualcosa dal punto di vista giuridico considerata che purtroppo c’è già stata una sentenza di ultimo grado. A questo punto è possibile quindi agire soltanto dal punto di vista politico e amministrativo». Da qui l’appello del sindacalista direttamente ai parlamentari e più precisamente ai parlamentari regionali a Roma. Anche se il problema è ovviamente non soltanto friulano. «Credo che a questo punto sia giusto agire cercando di operare attraverso due diversi binari – suggerisce il sindacalista Cisl -. Da un lato credo che sia importante cercare di arrivare a una sorta di sanatoria, che in questo caso non favorirebbe i furbetti ma chi questi soldi se li è guadagnati. Dall’altra comunque ritengo che sia giusto far rispettare, soprattutto in momenti come questi, un tetto al prelievo forzoso sullo stipendio ripristinando il famoso limite di “un quinto” e non di più. Ora aspettiamo che i politici rispondano»