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URGE UNA SVOLTA ALL’ECONOMIA FRIULANA

di Roberto Muradore – Segretario generale Cisl di Udine. Pubblicato su La Vita Cattolica
Dopo anni e anni di crisi profonda ci si aggrappa anche a un incremento dello 0,1% del Pil per poter sperare e motivare ulteriormente, come ben detto dal presidente della Camera di commercio Da Pozzo, quegli imprenditori che, comunque, guardano avanti. Al momento, però, la realtà dice altro e parla di una situazione drammatica per i lavoratori e per le aziende. È ripartita con virulenza la cassa integrazione guadagni (Cig), particolarmente in provincia di Udine, a ulteriore e sgradita riprova che se di ripresa si può parlare è solo quella del malessere occupazionale ed aziendale. Il monte ore «integrato», a gennaio di quest’anno è stato di 2.532.740 ore in Friuli-V.G., di cui ben 1.732.168 nella sola provincia di Udine. I settori più colpiti sono proprio quelli della nostra specializzazione produttiva e cioè il legno-mobilio (32% del totale provinciale), la meccanica (31,3%), la chimica (8,2%) e l’edilizia (12,8%).

C’è, poi, una caratteristica drammatica nei numeri della crisi: la componente impiegatizia è raddoppiata giungendo a rappresentare, nella media regionale, il 24,5% delle ore di Cig complessivamente autorizzate! Ciò significa che le aziende non si limitano a «congelare» i lavoratori in attesa di un mercato che non c’è, ma che pensano addirittura di ridurre la loro dimensione. Per di più, mentre cresce il numero dei cassaintegrati crescono anche i contratti di solidarietà, la mobilità e la disoccupazione. Il vicepresidente Sergio Bolzonello, infatti, è impegnato in prima persona a seguire, passo dopo passo, tutte le, purtroppo numerose, crisi aziendali.

Questo impegno è una condizione necessaria ma non sufficiente. Bisogna intervenire, oltre che sulle specifiche sofferenze, sulla «competitività di sistema» per sostenere tutte le imprese esistenti ed attrarre anche nuove aziende.

La premessa di qualsiasi ragionamento utile è che il danaro pubblico va investito per creare ricchezza e lavoro e non dissipato in spese improduttive. Sempre e soprattutto oggi che un euro, a causa della scarsità di risorse, ne vale almeno due. Si impone un radicale riassetto delle partecipate regionali che, nel corso degli anni, da strumenti utili all’economia e alle comunità locali, si sono trasformate in macchinette mangiasoldi: Friulia, Mediocredito, Finest, Turismo Fvg, Insiel, ecc… vanno ritarate, facendole costare di meno e dando loro finalità vere e non di autoconservazione. Inoltre, si appronti immediatamente, senza nascondersi dietro a tavoli, tavolini e a fantomatiche fusioni tra Comuni, una reale riforma degli enti locali che preveda l’aggregazione obbligatoria dei Comuni in una rete di aree sufficientemente vaste: ciò al fine di rendere alle imprese e ai cittadini servizi migliori valorizzando finalmente, con processi di formazione e di mobilità, il personale pubblico e trasferendo compiti e funzioni dalla Regione a queste nuove entità territoriali. Il tema non può essere «soltanto» quello delle Province. È la Regione che va snellita e portata a fare ciò che dovrebbe fare e cioè a indirizzare, programmare, legiferare e controllare. Per svolgere sufficientemente questi compiti deve liberarsi dalla «gestione» e rendere efficace e meno ridondante (al limite, a volte, pleonastico) l’apparato regionale anche mediante processi di mobilità verso i territori. Altro che il tanto di moda neocentralismo.

Vanno compiuti atti concreti per snellire e rendere meno costose le procedure burocratiche che pesano oltremodo sulle aziende: di burocrazia si può anche morire! Va istituito un Osservatorio regionale delle imprese che, oltre ai bilanci già depositati nelle Camere di commercio, sia in grado di analizzare le singole realtà aziendali nella loro intierezza, evidenziandone problemi, opportunità, aspettative e volontà affinchè la politica possa decidere interventi confacenti ai reali bisogni del sistema produttivo. Va riattivata l’Agenzia regionale del Lavoro in quanto questa, meno ingessata e burocratica e più vocata all’analisi e alla ricerca, può offrire informazioni utili ai «decisori» e garantisce maggior autonomia e terzietà di giudizio rispetto all’efficacia, o meno, delle scelte inerenti il mercato del lavoro operate dai governi di turno. Necessita un Assessorato dedicato esclusivamente al manifatturiero perchè senza questo non c’è futuro. Il manifatturiero, certamente rinnovato, può darci una prospettiva di benessere, non il proliferare dei centri commerciali!
Va rivisto il governo territoriale dell’industria riformando l’attuale sistema dei Consorzi e delle Zone industriali. Su questo specifico tema la Cisl friulana sta approntando, insieme ai metalmeccanici e ai pensionati di Udine, una approfondita analisi per capire meglio lo stato delle cose e il da farsi. La formazione professionale deve essere mirata ad una effettiva maggiore occupabilità di chi ne fruisce dando a questi nuove e rinnovate abilità e competenze: una formazione, quindi, per i «formati» e non per i formatori. E, infine, ogni risorsa data al mondo della ricerca deve ricadere concretamente sulle imprese, altrimenti l’innovazione resterà una parola vuota.

La Giunta, opportunamente, si è presa il tempo necessario per approfondire le questioni e decidere con avvedutezza, ma è arrivato il tempo delle decisioni e gli annunci devono lasciare il passo ai provvedimenti legislativi. In Regione, come nel Paese, urgono quelle riforme, come quelle prima ricordate, che efficientano la macchina pubblica e spostano risorse dalla palude dello spreco alla prateria dell’economia reale e del lavoro.

Un’ultima annotazione circa la vicenda di Latterie Friulane che, purtroppo, è il compendio friulano di ciò che accade in Italia: una dirigenza aziendale che negli anni ha lasciato deteriorare la situazione, una guerra di potere fratricida all’interno delle organizzazioni di rappresentanza, una politica totalmente assente e, nell’ultimo periodo, anche una parte del sindacato che, per calcolo o per incapacità, si è perso dietro improbabili interventi falsamente in grado di salvare tutto e tutti. In sintesi, a causa della pochezza dei gruppi dirigenti locali, i lavoratori pagheranno un prezzo molto più alto di quello che avrebbero pagato se, più di un anno fa, si fosse ascoltata e praticata la proposta della Fai Cisl di costruire davvero una filiera regionale latteo-casearia. E poi ci si chiede perchè la gente ha sempre meno fiducia nelle rappresentanze politiche, istituzionali, imprenditoriali e, a volte, anche sindacali!