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CRISI, CONTO PESANTISSIMO SOPRATTUTTO PER LE PICCOLE AZIENDE

Electrolux, Ideal Standard, nomi che ormai evocano preoccupazioni, chiusure, delocalizzazioni, ma a pagare il conto più alto di una crisi che non arretra sono soprattutto le piccole e medie aziende. Quelle di cui la cronaca non si occupa, che non fanno notizia: eppure – stando ai numeri raccolti dalla Cisl Fvg – sono i lavoratori lì occupati a soffrire di più e a costituire la maggior parte degli addetti coninvolti da ammortizzatori sociali o processi di ristrutturazione. I conti sono di quelli che mettono in allarme, perchè sommando le "piccole" crisi si raggiungono presto numeri da capogiro. Basti ad esempio pensare che nella sola Pordenone, al netto di Electrolux e Ideal Standard, sono 11mila i lavoratori che hanno già perso il posto e che – da soli – gli addetti del gruppo di abbigliamento Bernardi e di Schlecker ammontano a 450 unità. Non c’è settore che non risulti coinvolto dalla congiuntura negativa: dall’edilizia alla metalmeccanica, passando per i servizi e l’alimentare, fino ad oggi ultimo baluardo contro la crisi. "Di fronte a questa pesantissima situazione – commenta il segretario generale della Cisl FVG, Giovanni Fania – serve l’immediata istituzione di appositi tavoli regionali e la disponibilità di interventi certi ed immediati, perchè se la crisi dei grandi gruppi sarà risolta bene o male soltanto a livello nazionale, la Regione può, invece, fare molto e concretamente per le piccole e medie aziende del territorio, le cui vertenze non approderanno, come per Electrolux e Ideal Standard, al tavolo del Mise". Per la Cisl FVG, dunque, la Regione deve scendere in campo con decisione sulle molteplici partite aperte. A soffrire sono, ad esempio, molte imprese, anche artigiane, dell’edilizia (basti pensare alla flessione del 30% della Cassa Edile di Gorizia, a seguito della chiusura dei cantieri si Villesse e Ikea) o alla situazione dell’Italcementi di Trieste con il taglio di 60 dipendenti e l’obiettivo di ridurre ulteriormenre, senza contare – ancora – le preoccupazioni legate alla fine del cantiere di Porto Piccolo, che nella provincia giuliana, rappresenta circa il 10% della forza lavoro del settore. E non va meglio nell’alimentare, con il fallimento della Sweet di Gorizia, che ha lasciato a casa 53 dipendenti, e le difficoltà in cui versano i prosciuttifici Duke e Masè. Perdono lavoro anche le ditte orbitanti attorno a Fincantieri come, ad esempio, la Vitrani, che ha tagliato un terzo degli addetti e tutto il settore della grafica: dalle cartiere come Burgo, Rivignano e soprattutto Romanello alle grafiche Manzanesi e Filacorda, oggi sotto ammortizzatori sociali, ma con prospettive incerte, e le Grafiche NordEst, che vivono la paradossale situazione, comune tuttavia a molte aziende, di avere ordinativi, ma non liquidità per realizzarli o per acquistare le materie prime necessarie. Nella pesante conta, poi, rientrano molte aziende di servizi: mentre aumenta la preoccupazione sul Kinemax di Monfalcone, con l’apertura del multisala Tiare, la scure dei tagli si è già abbattuta, ad esempio, sul sistema degli appalti. Con la spending review imposta dal Governo, tra ospedali, mense e scuole, sono stati sforbiciati oltre 1.500 posti di lavoro, tra ammortizzatori sociali e riduzioni dell’orario di lavoro, con l’ultima procedura di mobilità, aperta pochi giorni fa, alla Pedus (ccoperativa di trasporti ospedalieri), per 30 dipendenti su 90. E se i nomi delle aziende pordenonesi in crisi sono noti – Domino, Metecno, Trend Grop, Gruppo Sassoli, Bpt, Friulana Verplast, Bsg, solo per citarne alcuni, stretti tra lo spettro del fallimento ed ammortizzatori in scadenza – altre imprese vivono momenti di estrema difficoltà. E’ il caso, in provincia di Udine, dell’Elettrica Ducale di Cividale, della Palini Impianti, fallita la scorsa settimana, lasciando a casa 30 dipendenti, della Thermokey e della Berbex; ed, ancora, Oru, Sguassero, senza citare le chimiche Caffaro e Arthemius.
"Se consideriamo una media di una trentina di dipendenti per azienda – commenta Fania – l’ampiezza della crisi è presto data: siamo al collasso del nostro sistema manifatturiero; c’è la necessità di uno sforzo massiccio di interventi, ma anche di progettazione e medio-lungo termine. Non bastano più i provvedimenti tampone, ma servono progetti strutturali di prospettiva frutto di una politica industriale definita e lungimirante".
La sollecitazione alla Giunta regionale va in questa direzione, spinge verso politiche industriali forti e di sistema, che vadano di pari passo anche con provvedimenti di altra matrice, come lo sblocco dei pagamenti dei debiti della Pa, la semplificazione burocratica, la riduzione del costo dell’energia, oltre alla riforma del sistema fiscale.

Ufficio stampa Cisl FVG