L’Inas Cisl vince la prima battaglia per gli invalidi del lavoro “leggeri”
Presso il Patronato, in aumento le richieste di tutela.
Ma la maggior parte dei casi resta ancora sommersa
Stefano Cattarossi: "Molto da fare soprattutto sul fronte liste di collocamento"
Resta alta la preoccupazione per i cosiddetti invalidi leggeri, coloro cioè che non hanno diritto all’assegno mensile dell’INAIL, pur in presenza di patologie legate al lavoro. A denunciare la situazione degli "invisibili" è l’Inas Cisl, ai cui sportelli ogni giorno arrivano diverse richieste di aiuto, soprattutto da parte di cinquantenni licenziati in seguito al riconoscimento di una malattia professionale collegata alle mansioni svolte, stimata però al di sotto di quella soglia minima – 34% – necessaria per poter far valere la qualifica di invalidi del lavoro. Sono oltre una decina solo a Udine i "casi" finiti sulle scrivanie del Patronato, ma si stima che moltissimi siano quelli ancora sommersi e bisognosi di tutela. Per questi l’Inas ha vinto una prima battaglia, con l’approvazione di una norma regionale (inserita nel Programma Triennale di politica del lavoro), che prevede per tali soggetti deboli l’inserimento in altre imprese, dietro sgravi fiscali per le aziende che li assumono, da un minimo di 1.500 euro ad un massimo di 14.000 euro l’anno. "Si tratta – spiega il Responsabile dell’Inas, Stefano Cattarossi – di contributi senz’altro inadeguati, ma la norma, prima in Italia di questo tipo, rappresenta un segnale importante, riconoscendo formalmente dignità a persone che hanno di fatto perso il lavoro a causa del lavoro". Tuttavia, i problemi non finiscono qui, denuncia l’istituto cislino, puntando l’attenzione anche sulle graduatorie del collocamento e sulle "corsie preferenziali" previste per chi ha più del 33% di invalidità. La prima questione nasce dal fatto che l’Inail valuta la percentuale di danno, sulla base di una tabellazione peggiorativa per il lavoratore. "In pochi sanno – spiega Cattarossi – che ai fini di una futura ricollocazione occupazionale, può essere proposta all’Inail una revisione del caso, chiedendo sia la rivalutazione della percentuale oggetto di indennizzo, sia la valutazione ai sensi del vecchio Testo Unico, per la riduzione dell’attitudine al lavoro ". E’, ad esempio, il caso di un lavoratore friulano con la mano destra menomata gravemente che dal 16% è passato al 38%, ottenendo il diritto all’inserimento nelle corsie preferenziali del collocamento. Peccato, però – e qui sta il secondo ordine di problemi – che gli Uffici competenti hanno proceduto ad iscriverlo nelle liste ordinarie, negandogli di fatto qualsiasi chance di riassorbimento. Con l’interessamento dell’Inas, alla fine, il lavoratore è finito nel binario giusto, ma – sottolinea Cattarossi – "la preoccupazione è che la prima risposta data al lavoratore, ovvero l’inesistenza della cosiddetta corsia prefernziale, possa non essere isolata: urge, quindi, una tempestiva verifica con i competenti uffici provinciali per rimuovere analoghe rigidità e l’ignoranza del disposto normativo". Una connessione da rinsaldare il prima possibile, dunque, stante le precarie condizioni in cui versano gli invalidi leggeri, costretti a iter tortuosi per vedersi – forse – riconociuti un diritto. Persone che hanno per lo più contratto malattie professionali riconducibili a infiammazioni muscolo-scheletriche, frutto di anni e anni di lavori ripetitivi, dipendenti di piccole imprese dove non c’è la possibilità di essere riconvertiti in altre mansioni, licenziati e liquidati con un contributo una tantum che si aggira sui 5mila euro. Situazioni drammatiche, schiacciate anche da un paradosso: chi si infortuna praticando sport o in attività extra lavorative può ottenere l’invalidità civile, chi resta invalido sul lavoro, ma "non abbastanza", è lasciato al proprio destino.
Udine, 1 ottobre 2010
Mariateresa Bazzaro – Ufficio stampa Cisl Fvg – 335.7970621