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“Tps piping”, a rischio 40 posti

«Anche la Tps Piping srl è vicina al tracollo e 40 persone resteranno senza lavoro». L’allarme arriva dalla Fim Cisl che denuncia la mancanza di una politica di rilancio e investimenti dopo il ricorso agli ammortizzatori sociali per contenere gli effetti della crisi. Una soluzione “tampone” e di emergenza alla quale, secondo il sindacato, non è seguita una valida programmazione per favorire la ripresa. «E i risultati – denuncia Giorgio Spelat della Fim Cisl – sono sotto gli occhi di tutti. Dopo la cassa integrazione si arriva alla disoccupazione. I posti a rischio in provincia sono centinaia». I dati in possesso dei sindacati infatti evidenziano un calo della cassa ordinaria e straordinaria e un aumento di procedure di mobilità, anticamere della perdita del posto di lavoro.
«Il caso della Tps Hydro spa è emblematico – dice Spelat -: la società è stata fondata nel 2005 con sede a Pavia di Udine nella Zona industriale udinese e successivamente (il 20 ottobre 2010) ha cambiato ragione sociale in Hydro Piping srl, occupandosi principalmente ai montaggi industriali per il settore siderurgico e di equipaggiamenti oleodinamici. Occupava 40 dipendenti di cui 27 operai e 13 impiegati (7 donne e 6 uomini), ma dopo un periodo di cassa integrazione ordinaria e straordinaria dal 21 giugno 2010, la mancanza di commesse e la difficile situazione economica finanziaria hanno portato al tracollo della società. Come Fim di Udine – continua Spelat – abbiamo messo in campo tutto quanto necessario a salvaguardia dei lavoratori, utilizzando gli ammortizzatori sociali su quello che speravamo fosse una crisi passeggera, ma le cose sono andate diversamente. Va sottolineato – aggiunge – che in questa azienda nel 2009 risultava una partecipazione da parte di Friulia pari a 750 mila euro. Ciò che rende più amara questa vicenda è la mancanza di intervento da parte di Friulia su altre aziende in difficoltà da noi segnalate, alle quali non c’è stato dato mai riscontro, aziende che forse oggi sarebbero ancora sul nostro territorio».
Secondo la Cisl anche le istituzioni e in particolare la Regione sono mancate quando era necessario trovare gli strumenti per rimettere in moto l’economia. «La politica dell’ammortizzatore sociale regge se dietro ci sono investimenti e innovazione – sostiene Spelat – altrimenti si allunga solamente l’agonia del lavoratore prima di finire sulla strada. Come Fim Cisl abbiamo tenuto sempre alta la guardia proprio su questi fattori, abbiamo sottolineato il rischio di portare alla chiusura diverse aziende, ma i nostri appelli sono rimasti inascoltati. Bisogna difendere le aziende che continuano a operare e creare le condizioni per una crescita, solo così salveremo posti di lavoro e creeremo occupazione, non dimentichiamo che il 70% della ricchezza regionale deriva dal manifatturiero. Senza le piccole e medie aziende di questo settore l’economia e quindi l’occupazione del Friuli non si reggerebbero in piedi».