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A COVENTIN POLITICHIS ATIVIS PAL LAVOR, NO DOME ASSISTENCE

Intervento del Segretario Roberto Muradore pubblicato su La patrie dal Friuli (testo tradotto in italiano)

A causa di questa terribile crisi che non accenna a diminuire, negli ultimi anni si è fatto un massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali, cioè alla Cassa Integrazione Guadagni ordinaria, straordinaria e in deroga, alla disoccupazione, alla mobilità, ecc…

E’ più che giusto che la collettività abbia sostenuto e ancora sostenga quanti sono sospesi dal lavoro o lo perdono definitivamente.

Questi doverosi interventi di sostegno al reddito dei senza lavoro, però, non hanno offerto agli interessati una maggiore possibilità di una nuova occupazione.

Non sono stati previsti, infatti, percorsi di qualificazione e/o riqualificazione strutturati per far acquisire loro quelle competenze e abilità tali da renderli più forti sul “mercato” (definizione orribile) del lavoro, quindi occupabili.

Anche se per chi era posto in cassa integrazione in deroga si sono tenuti corsi di formazione su temi quali, ad esempio, l’informatica, l’inglese e la comunicazione, questi sono serviti a poco o a nulla in quanto si sono limitati a fornire qualche elementare e generica conoscenza di base.

Di concreto e di utile niente, quindi.

Va detto chiaramente che il lavoro c’è ed è disponibile se l’economia va bene, cosa che non è, ma è importante anche una personale crescita professionale per avere più possibilità di trovare occupazione.

E, invece, ci si è limitati alla, pur necessaria e doverosa, assistenza.

Si sono messi in campo tanti interventi di politica passiva del lavoro e si è fatto troppo poco in materia di politica attiva.

Si è, in definitiva, sostenuto, e solo in parte, il reddito di quanti erano senza lavoro senza accompagnarli minimamente in un percorso di orientamento e di aggiornamento professionale finalizzato al loro reimpiego.

Anche per questi motivi la discussione in corso sulla eventuale introduzione di un “reddito minimo di cittadinanza” non convince poiché si rischierebbe di perseverare sulla strada della sola tutela, per altro minima, del reddito senza, però, creare una prospettiva positiva per chi chiede e cerca lavoro, non mera assistenza.

In Friuli deve essere rieditata e valorizzata la radicata cultura del lavoro e dell’impegno, adattandola, ovviamente, a un contesto che è cambiato e che ancora cambierà.

Non sempre in meglio, purtroppo.

Si pensi a come è pericolosamente corruttrice dei valori profondi e fondanti della nostra comunità la diffusa vulgata del “vincere facile” senza sacrificio, del fare i soldi con i soldi e non con il sudore, del primato dell’io sull’altro, ecc…

Serve, innanzitutto, fermare subito quella devastante deriva per cui sempre più spesso si sente affermare che studiare non serve a niente: lo studio non solo forma cittadini consapevoli e maturi ma offre anche maggiori opportunità di lavoro.

Va, nel contempo, recuperato pure ruolo e considerazione per il lavoro manuale, sia esso dipendente o autonomo.

Soprattutto le famiglie, ma non solo, trasmettano ai giovani quei valori di laboriosità e di sacrificio che hanno da sempre contraddistinto la gente friulana.

Soltanto creando un responsabile solido e affidabile “capitale umano e sociale” si può sperare in futuro di benessere per la nostra terra.

Società ed economia, giovani e futuro, lavoro e benessere ritornino a camminare insieme, ad essere un tutt’uno!