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«Più lavoro non garantisce competitività»

«Va bene: parliamo di produttività, ma prima l’azienda deve dire cosa intende per produttività e cosa vuole fare, in termini di investimenti, per aumentarla».
È la posizione del segretario provinciale di Fim-Cisl, Gianpiero Turus – in buona parte condivisa dal collega della Fiom-Cgil, Thomas Casotto –, secondo cui è un periodo in cui tutti parlano di produttività in tutti i settori industriali. «Come se aumentando la produttività potessimo diventare competitivi, così come sono competitive altre nazioni, come la Germania, che hanno fatto però scelte più intelligenti nel passato, investendo in tecnologia, qualità, prodotti e processi produttivi di livello più alto. E’ in questo modo che sono usciti dalla crisi molto prima e più velocemente di noi. Noi non possiamo uscire dalla crisi facendo concorrenza al ribasso e, infatti, la nostra economia non sta crescendo. Se siamo scesi di mille punti – dice -, riprenderne cento, non significa che si cresce, significa solo che mancano ancora 900 punti per arrivare appena allo zero. Mi può stare anche bene parlare di aumento della produttività, ma occorre sapere cosa intendono mettere in campo le aziende in tema di investimenti, perché se pensiamo di diventare più competitivi solo tramite la fatica dei lavoratori, questo non va».
«La sfida di Fiat può essere presa in considerazione – continua Turus – perché Fiat intende fare investimenti di milioni e milioni di euro, ma pensare di risolvere le cose dicendo che la gente non lavora, allora non possiamo essere d’accordo anche perché la voce “costo del lavoro” nel ciclo produttivo è voce minore. D’altra parte tutti dicono che siamo in crisi, ma nessuno indica gli strumenti per uscirne: non esiste una politica industriale, il governo sta perdendo tempo con le proprie beghe politiche, siamo un paese al palo e la nostra unica fortuna è che non abbiamo contratto grossi debiti altrimenti saremmo nelle condizioni disastrose in cui si trovano altri paesi europei».
Il segretario Fim-Cisl conclude: «Siamo disponibili al confronto, come lo siamo sempre stati, ma Fincantieri deve dire che cosa intende mettere in campo: se è un confronto reale lo affrontiamo, se è un confronto-teatrino non lo possiamo accettare».