Autonomia del sindacato da chi governa e dalla minoranza per essere soggetto sociale – Rimarcare il confine tra sociale e statuale
di ROBERTO MURADORE, Segretario Generale Cisl Udine
Non rallegra il fatto che anche quest’ultimo ennesimo sciopero “generale” della sola CGIL, al di là dei numeri propagandati, non sia stato partecipato.
L’uso improprio e inflazionato di questo fondamentale strumento sindacale, infatti, lo sta svilendo, rendendolo pericolosamente innocuo.
Ogni sciopero generale, anche e soprattutto se unitario, è “politico” ma non, come quelli solitari della CGIL, di una “parte” politica! Va, quindi, rimarcata con forza l’autonomia della sfera sociale (del lavoro) da quella statuale (politica). Autonomia del sindacato sia da chi governa che dalla minoranza per essere davvero un soggetto sociale che fa politica “in proprio” e che con il confronto, la contrattazione, la concertazione e anche con il conflitto, utilizzato e finalizzato con responsabilità e intelligenza, tutela i propri rappresentati.
Un esempio concreto: lo sciopero e la manifestazione realizzati lo scorso 19 marzo in provincia di Udine che hanno visto il mondo sindacale unito e coeso e una partecipazione folta, convinta e responsabile dei lavoratori e della società tutta.
Il sindacato tratta con imprenditori il cui comportamento, a volte, è connotato da chiusura e ostilità: perchè allora non confrontarsi con governi legittimati dal voto popolare? Se con gli imprenditori più “duri” è costretto a un supplemento di trattativa, anche con questo governo deve sostenere un paziente e determinato confronto per far sì che non vengano colpiti lavoratori e pensionati.
Il sindacato proprio quando dissente dal pensiero e dall’azione di chi governa deve maggiormente interloquire per modificare quelle impostazioni e quei provvedimenti che, se non rivisti, danneggerebbero i soliti noti. Trattare. Anche con chi ha negato fino a ieri la gravità della crisi, lisciato il pelo agli evasori fiscali e affermato che i conti pubblici erano più che a posto.
Se così la CISL non avesse fatto e non facesse, oltre a ciò che ancora manca o non è condivisibile, non ci sarebbero il ritorno del contrasto all’evasione fiscale, vero cancro dell’economia e della società italiana, nè la detassazione del solo salario contrattato con le rappresentanze sindacali e non più di quello erogato unilateralmente dalle imprese e neppure il ripristino degli scatti di anzianità nella scuola. Soprattutto non ci sarebbe la tenuta complessiva dello stato sociale che, però, reggerà solo se riformato e l’intera “macchina pubblica” efficientata con riorganizzazioni mirate.
Quanti difendono la pubblica amministrazione, la scuola e la sanità così come sono affossano il sistema di tutela e di promozione sociale esistente, esattamente come quelli che, neo liberisti impenitenti, vorrebbero disfarsi dello stato per dare tutto in mano o, per meglio dire in pasto, al mercato.
Quando le questioni non sono affrontate presentano, prima o poi, un conto molto alto da pagare proprio ai giovani, alle donne, ai lavoratori e ai pensionati.
Necessitano riforme vere e non annunciate o, ancor peggio, il solo “fare cassa” a scapito dei servizi resi ai cittadini.
In questa fase estremamente critica fa bene la CISL a operare anche nella logica della “riduzione del danno”. O qualcuno pensa che l’attuale sia la stagione per nuove conquiste?
Un futuro di benessere e di coesione sociale, però, si costruisce con scelte lungimiranti che rilancino l’economia e l’occupazione. Di quanto ve ne sia bisogno lo ribadiscono chiaramente i dati resi disponibili due giorni fa dall’Istat che quantificano in poco meno di 2,3 milioni il numero dei disoccupati italiani nei primi 3 mesi del 2010 (pari, a livello nazionale, al 9,1% contro il 7,1% di 12 mesi prima e al 6,4% del periodo pre-crisi). In Friuli VG ve ne sono circa 35mila, vale a dire il doppio del 2007. Ciò comporta un tasso di disoccupazione pari al 6,3% (era del 5,2% nel 2009, del 4,4% nel 2008 e del 3,3% nel 2007). E, secondo l’Ocse, il 1° semestre del 2010 sarà il periodo migliore dell’anno!
Ma per avviare un progetto di sviluppo di livello nazionale e regionale non è sufficiente il buon senso, il coraggio e la responsabilità della CISL. C’è bisogno di una buona politica che, al momento, manca e che un sindacato unito potrebbe con più forza riportare a interessarsi del bene comune e non ad altro.
Messaggero Veneto, 6-8-2010