BONANNI, IL GOVERNO ISTIGA ALL’INVIDIA SOCIALE
«Non è il sindacato che ha rotto con il governo. È esattamente il contrario. A 24 ore da una manovra imposta al Parlamento con il voto di fiducia e senza discussione con le parti sociali, un esecutivo che dovrebbe avere a cura la coesione e la tranquillità del Paese rilancia su un nuovo tema scottante ed ideologico come quello dell’articolo 18. Non capisco se si vuole perseguire serenità e cooperazione o andare avanti a spallate». Ai tempi del governo Berlusconi erano spaccati. Ora la stangata dell’esecutivo guidato da Monti ha rianimato la mobilitazione unitaria di tutti i sindacati. Anche della Cisl, che con il suo segretario Raffaele Bonanni, marcia sull’obiettivo di «sacrifici sì, ma in un clima di equità», contestando gli annunci a mezzo stampa del ministro Elsa Fornero, una «maestrina», cui non perdona nemmeno l’ultima sortita sul «linguaggio di un brutto passato»: «Mi dispiace reagisca così. Ad essere preoccupati siamo noi». I temi caldi sono la modifica dell’articolo 18 e la riforma del mercato del lavoro sui quali insiste, con la Fornero, anche Emma Marcegaglia. C’è un problema di metodo. Alla Marcegaglia ricordo che le riforme migliori sono state quelle fatte fra imprenditori e sindacati. Sul mercato del lavoro devono trattare le parti sociali, noi e gli industriali. Il governo viene al tavolo per dare il suo sostegno. E quindi la cosa più conveniente è rimanere nell’ambito di un confronto negoziale fra sindacato e imprese. Se l’esecutivo vuole intervenire lo faccia attraverso degli incentivi e non attraverso i diktat. Ma il governo non dovrebbe fare in qualche modo da mediatore? Fin dal primo giorno Monti ha dichiarato che su queste materie avrebbe voluto concertazione. Invece è partito con il piede sbagliato, con un ministro che annuncia in anticipo le sue intenzioni. Torniamo all’articolo 18. È indubitabile che l’attuale sistema penalizza l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. Se si vogliono aiutare i giovani non capisco perché non venga resa obbligatoria la previdenza integrativa, dimezzando le tasse sui fondi integrativi. E predisponendo l’aumento del salario per i lavoratori flessibili. Il problema della flessibilità che si trasforma in precarietà dipende dai salari bassi che danno pochi contributi e quindi poco sostegno alla previdenza e alle tutele, come quella alla maternità. Ergo, è necessario che il lavoro flessibile sia più pagato. Su questo è necessario discutere e certo non usando come scudi umani i giovani per innescare una discussione che è diventata ideologica. La forbice tra garantiti e precari si è fatta ormai larghissima. Ma cosa si propone? Un mal comune mezzo gaudio? Non si possono ridurre le tutele per alcuni, magari un lavoratore metalmeccanico che guadagna 1100 euro al mese, per darle ad altri. È necessario aumentare i diritti di tutti. Se l’esecutivo avesse veramente a cuore questo problema avrebbe fatto pagare dazio ai privilegiati. Questa filosofia di istigazione all’invidia sociale mi pare davvero incredibile. E preoccupante. Ha paura che la rabbia sfoci in un ritorno alla protesta violenta, magari armata? No comment. A questo punto il suo sindacato cosa propone? Un patto sociale che renda più trasparente le misure da adottare, ciò che non è accaduto finora. La riprova è che la manovra ha colpito prima i meno abbienti e colpirà, forse, anche gli altri, mentre sarebbe dovuto accadere il contrario. Lo stesso governo è stato costretto a dire che sui fondi pensionistici dei privilegiati metterà mano dopo, così come sulle corporazioni, sulla patrimoniale. In sintesi le risorse per arginare la crisi dovevano essere prese da altri settori? Se ci sono dei sacrifici da fare in prima linea ci devono essere quelli che possono farli e dopo gli altri. Si parla dei lavoratori metalmeccanici come di privilegiati. Questo è populismo inaccettabile. A proposito di populismo, cosa pensa della proposta lanciata dalla Lega di un’obiezione di coscienza al pagamento dell’Imu? Ognuno di noi deve sottoporsi alle leggi della Repubblica. Vararle comporta un gioco democratico: ma una volta approvate vanno applicate senza se e senza ma.