CAMBIARE LE PENSIONI, IL 2 APRILE LA PROTESTA CGIL-CISL-UIL
Ripristinare una maggiore flessibilità nell’accesso alla pensione, rendendolo possibile a partire dai 62 anni di età, 41 di contributi o attraverso un mix di età e anzianità. Prevedere la copertura per tutti gli esodati. Introdurre correttivi al calcolo contributivo per incrementare le future pensioni dei giovani. Incrementare la contribuzione figurativa per i periodi di congedo parentale, per tutelare il lavoro di cura svolto dalle donne in ambito familiare. Rafforzare la previdenza complementare e rendere automatica la ricongiunzione contributiva, oggi sottoposta a oneri spesso insostenibili. Introdurre criteri più efficaci di perequazione per adeguare gli assegni all’inflazione. Queste le principali richieste al centro della piattaforma sulle pensioni di Cgil, Cisl e Uil e della giornata di mobilitazione nazionale prevista per sabato 2 aprile, che interesserà anche la nostra regione.
LA PROTESTA. Flash mob con volantinaggi sono previsti sabato mattina a Trieste (piazza Borsa), Monfalcone (piazza della Repubblica), Tolmezzo (piazza XX Settembre), Spilimbergo (piazza Garibaldi) e Pordenone (piazza XX Settembre), oltre a una conferenza stampa unitaria che si svolgerà nella sede Cisl di Udine (ore 10.30), alla presenza dei segretari provinciali delle tre sigle confederali. «L’obiettivo – dichiarano i segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil Franco Belci, Giovanni Fania e Giacinto Menis – è quello di riaprire la vertenza sulle pensioni e riscrivere la legge Fornero, modificandone gli aspetti più penalizzanti non solo in termini di allungamento della vita lavorativa, ma anche per le ripercussioni sull’occupazione giovanile. Ripercussioni già pesantissime anche a livello regionale».
EMERGENZA GIOVANI. «Cambiare la legge Fornero – spiegano i segretari – non risponde soltanto alle esigenze dei pensionati di oggi e di domani, ma anche all’imperativo di far ripartire il lavoro giovanile, duramente colpito dagli effetti combinati della crisi e del mancato turnover generazionale». Tra il 2008 e il 2015, infatti, il numero di occupati under 35 in regione è sceso da 152mila a 103mila. Se prima della crisi il 29% dei lavoratori si collocava nella fascia 15-34 anni, oggi la percentuale è scesa sotto al 21%, e l’età media degli occupati sfiora i 45 anni, contro i 42 del 2008 (vedi i dati alla pagina seguente). Le conseguenze sono anche sociali e demografiche, con un pesante freno all’autonomia dei giovani, alla formazione di famiglie e alle nascite.
I PENALIZZATI. Tra le categorie più esposte anche i lavoratori addetti a mansioni usuranti, le donne, che dal 2018 si vedranno definitivamente equiparate agli uomini nei requisiti minimi per il pensionamento, senza tenere conto del peso dei carichi familiari, i più anziani tra i lavoratori in mobilità e in cassa integrazione, che vedono sfumare o complicarsi l’ipotesi di uno scivolo pensionistico, con la prospettiva di ingrossare le file degli esodati. Senza dimenticare i lavoratori più giovani, i cui futuri assegni sconteranno gli effetti della precarietà e dei nuovi coefficienti del contributivo, e quella larga platea di pensionati, circa il 40%, che scontano tutt’oggi il blocco della mancata perequazione delle pensioni nel biennio 2012-2013, confermata nella sostanza nonostante la sentenza della Corte costituzionale che un anno fa decretò l’illegittimità del blocco.
RISPOSTE. Tante, quindi, le categorie che attendono una correzione di rotta da parte del Governo. Cgil, Cisl e Uil chiedono più flessibilità, e in particolare di destinare parte dei risparmi prodotti dalla riforma, stimati in 80 miliardi nel periodo 2013-2020, all’obiettivo di rendere più equo e sostenibile, anche in prospettiva futura, il sistema pensionistico. «Qiuesto nella consapevolezza – concludono Belci, Fania e Menis – che la riforma Fornero ha concorso sì a contenere l’aumento della spesa pensionistica (vedi i dati alla pagina seguente, ndr) attraverso un drastico allungamento della vita lavorativa, ma penalizzando in modo inaccettabile le categorie più deboli, a partire dai giovani, dalle donne e dai disoccupati in età avanzata: ed è proprio in difesa di queste che Cgil, Cisl e Uil sostengono con la mobilitazione la loro proposta».