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Contrasto alla povertà: obbiettivo nel millennio ancora lontano

Stamani a Udine il confronto tra sindacati, associazioni e istituzioni
Problemi anche in Fvg sull’asse transfrontaliero

 
Obiettivi del Millennio ancora lontani, specialmente sul fronte del contrasto alla povertà: emerge stamani dal tavolo a più voci promosso dall’Iscos Cisl del Friuli Venezia Giulia nell’ambito della "Giornata mondiale per il lavoro dignitoso". Povertà e lavoro, dunque, vanno di pari passo, sottolinea il presidente dell’Istituto cislino e moderatore, Roberto Cocchi: è, infatti, l’occupazione la leva fondamentale per debellare una delle piaghe più drammatiche a livello globale, se si pensa che oggi metà della forza lavoro mondiale guadagna meno di 2 dollari al giorno e addirittura 12,3 milioni di persone lavorano in schiavitù. Nonostante il passaggio dalla povertà relativa a quella assoluta, anche in seguito alla crisi – come rileva il presidente di Progetto Sviluppo Italo Tripi – stia sensibilmente aumentando con le ricadute sui grandi temi della redistribuzione della ricchezza e delle coperture sociali, l’impegno di molti Paesi di fronte a queste criticità sta venendo meno. E’, il caso anche dell’Italia – conferma Andrea Scandura di Progetto Sud Uil – che ha tagliato i fondi alle risorse per lo sviluppo, passando dallo 0,22% del Pil del 2008 allo 0,16% del 2009 (-31%) e per il 2010 si stima che l’impegno si assesterà sullo 0,10%. Di più: il nostro Paese da due anni non starebbe finanziando il Fondo Globale per la lotta contro l’IADS, la tubercolosi e la malaria, grazie al quale attualmente 5 milioni di persone sono, ad esempio, sotto terapia anti retrovirale. Per contro l’Italia si trova al 10 posto per la spesa in armamenti (37 miliardi di dollari). E dire che per combattere la povertà (povertà che significa, per citare qualche numero, 69 milioni di bambini che non hanno accesso alla scuola primaria o una donna che ogni minuto muore di parto) si stima che occorrerebbero 300milioni nuovi posti di lavoro a fronte della disoccupazione di 212 milioni di persone (+ 34 milioni sul 2007). Certo la crisi sta facendo il suo, aumentando il rischio delle delocalizzazioni, fenomeno sul quale si sofferma il segretario della Cisl Fvg, Elvio Di Lucente rilanciando come prioritario, a sostegno del tessuto industriale del Paese, il ruolo non solo della cooperazione e della solidarietà, ma anche la formazione specialistica e la ricollocazione dei lavoratori. Crisi, dunque, alla quale il Friuli Venezia Giulia, rappresentato dal direttore dell’Agenzia regionale del lavoro, Domenico Tranquilli, ha risposto con una serie di meccanismi e strumenti nuovi come gli ammortizzatori sociali in deroga. Una trentina di interventi con tre obiettivi strategici: allargare l’ombrello dei lavoratori coperti da tutele, integrare il reddito dei lavoratori, evitare il più possibile i licenziamenti, favorendo gli accordi di solidarietà e incentivando le imprese che assumono. Tuttavia il quadro resta tutt’altro che roseo, soprattutto sui grandi numeri, con la stima che, se le cose andranno avanti così, nel 2020 nel mondo ci saranno 26 milioni di nuovi poveri, figli della crisi. Tra i più colpiti vi sono senz’altro i lavoratori immigrati, rispetto ai quali il tema del lavoro dignitoso si fa ancora più pressante. Un dato su tutti, lo rivela per l’Ipsia Andrea Citronchi: è anche a causa della crisi che colpisce gli immigrati che circola meno ricchezza, specialmente nei Paesi più poveri o in via di sviluppo. Quest’anno, infatti, rispetto al 2008 i migranti africani avrebbero inviato nei loro Paesi di origine il 10% in meno di dimesse. Una situazione di precarietà in cui vivono anche gli extracomunitari di casa nostra, ricorda il segretario della Cgil Fvg, Abdou Faye, chiedendo di spingere l’acceleratore sul contrasto al lavoro nero, percorsi di regolarizzazione, l’istituzione a livello regionale di un Osservatorio sulla situazione dei lavoratori migranti ed un’attenzione molto alta sulle forme discriminarie e le derive razziste riscontrate anche in Friuli Venezia Giulia. Richieste alla Regione vengono formulate anche dal responsabile del Dipartimento immigrazione della Uil Fvg, Michele Berti che punta il dito sulla questione dei lavoratori trasfrontalieri, lavoratori irregolari, 10mila accessi quotidiani tra croati e sloveni. La richiesta alla Regione è che si faccia promotrice di una serie di azioni, volte ad abbattere gli ostacoli al lavoro regolare, a partire dall’attivazione dell’accordo sul lavoro transfrontaliero previsto dalla Bossi-Fini, condizione indispensabile perchè i croati possano lavorare in modo regolare nel nosro Paese, e la destinazione di una parte delle riserve quote stabilite nel decreto flussi per i cittadini di origine italiana ma di passaporto extracomunitario estesa proprio ai croati, mentre oggi riguarda soltanto i venezuelani, gli argentini e gli uruguaiani, salvo che nel 2007 ben 450 quote non sono state richieste. Ultimo, ma non ultimo, il paradosso per cui un lavoratore frontaliero se non ha un domicilio Italiano non può ottenere il codice fiscale indispensabile per poter lavorare da noi.
Un ultimo tassello al quadro delle povertà, arricchito anche dall’intervento del professore Federico Battera – è quello della presidente delle Acli di Trieste, Erica Mastrociani, e che riguarda la necessità di rafforzare la rete dell’accoglienza e della fratellanza, riqualificando anche i contesti educativi e sostenendo quella fascia di popolazione oggi in grande sofferenza, come dimostrano le statistiche sulle persone affette da depressione.
 
Udine, 7 ottobre 2010
Mariateresa Bazzaro
Ufficio stampa Cisl Fvg
335.7970621