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CONTRO IL MOBBING SI PUO’

Recentemente si è svolto l’ultimo appuntamento del ciclo di seminari sul Mobbing nella sede ex CAF CISL di Pordenone.
L’iniziativa rientra nell’ambito delle attività di informazione e divulgazione di "buone pratiche" che il PUNTO di ascolto Anti mobbing costituito dalla CISL di Pordenone in convenzione con la Provincia gestisce a favore delle lavoratrici e lavoratori del territorio.
Nel corso dell’incontro è stato affrontato il tema: "Quando le prime avvisaglie ci dicono che l’ambiente sta cambiando intorno a noi e che forse potremo diventare bersaglio prepararsi al conflitto senza entrare in confusione".
L’incontro è stato coordinato dalla Dott. Cristina Caparesi coordinatrice del PUNTO di ASCOLTO ANTI MOBBING.
Sono intervenuti i professionisti che collaborano con il servizio: l’avvocato Teresa Dennetta, lo psicologo Dott. Paolo Ballaben, il medico legale Dottoressa Antonia Serio.
La partecipazione all’incontro era libera ai partecipanti desiderosi di approfondire e chiedere informazioni utili nell’ambito della loro attività lavorativa.
Il PUNTO DI ASCOLTO ANTI MOBBING riceve lavoratrici e lavoratori in Viale Martelli 51, presso Villa Carinzia, tutti i giorni dalle ore 15.00 alle 19.00, il venerdì dalle ore 8.30 alle 12.30.
Chi fosse interessato può telefonare allo 0434-231495, oppure per reperire documenti e informazioni sul sito web www.cislpordenone.it dove sono pubblicati gli atti dei seminari d’informazione.
In Italia, la violenza al lavoro è presente spesso, troppo spesso. Da parte di clienti, fornitori, colleghi o superiori. Avviene attraverso aggressioni fisiche, molestie, minacce, e contribuisce a rendere pesante, a volte invivibile, l’ambiente in cui si passa la maggior parte della giornata. Si tratta di un fenomeno antico, certo, ma ancora poco conosciuto. Soprattutto, non se ne conoscono le dimensioni. Nel corso della carriera, si stima che nel nostro Paese, il 16,5% dei lavoratori è stato minacciato, mentre il 7,2% ha subito violenze. Questi numeri, comunque, rappresentano la punta di un iceberg, non è noto quanti casi non siano stati mai denunciati. Solo il 3,4% delle vittime va a processo, nonostante l’alta probabilità di vittoria (72%).