FAI CISL FVG, SENZA UNA FILIERA LA ZOOTECNICA NON HA FUTURO
Zootecnia sotto i riflettori della Fai Cisl del Friuli Venezia Giulia, che questo pomeriggio in Fiera a Udine ha riunito imprenditori, produttori e politica per fare il punto su un settore in crisi, che ha bisogno di risposte concrete per tornare a crescere. Nonostate la regione, a livello nazionale, sia il 7° produttore di latte (2,66 milioni di quintali nell’annata 2011-2012 da 42.031 capi allevati in 1.163 stalle) c’è qualcosa che ancora non va, se si considera soprattutto la scarsa redditività delle aziende sia zootecniche, sia di trasformazione, con le conseguenti ricadute sul piano occupazionale. Nonostante il comparto, all’interno del settore agricolo regionale, pesi quasi per il 50% (in dieci anni è passato dal 37,9% al 48,6%), la crisi iniziata nel 2008 "ha reso evidente il fatto che il lattiero-caseario non è più un mercato garantito per le imprese che si trovano a dover fare i conti con un forte ridimensionamento della domanda locale e un altrettanto forte cambiamento delle preferenze dei consumatori. "Di fronte a questa situazione – spiega per la Fai Cisl regionale, la segretaria Claudia Sacilotto – non ci sono più dubbi: urge la costruzione di una solida filiera, indispensabile – da una parte – per uscire dai confini regionali con i nostri prodotti (la cui gamma va però ampliata) e guardare anche all’estero e – dall’atra parte – per recuperare produttività, sia nel settore zootecnico, aumentando la dimensione degi allevamenti e attuando politiche aziendali integrate, sia nella trasformazione del latte con la riduzione dei costi". Tutto questo – per il Sindacato – si deve tradurre in piani aziendali concreti, che puntino al rafforzamento delle filiere interne e alla costruzione di una filiera verticale tra le imprese più importanti, su tutte Latterie Friulane e Venchiaredo/Latterie Carsiche che con un fatturato complessivo di 115,6 milioni nel 2011 danno conto del 52,5% del totale settoriale stimato per quell’anno. Insomma, per la Fai Cisl non basta solo recuperare efficienza, ma anche trovare nuovi mercati per rendere le aziende in grado di remunerare qualcosa in più al conferitore e di avere margini che permettano di sviluppare con l’impresa anche l’occupazione. A conferemare la necessità di guardare oltre i confini regionali sono alcuni dati elaborati dall’economista Fulvio Mattioni: il 16% della produzione totale viene utilizzato come latte fresco, il 10% come latte uht, mentre il 44% è destinato alla trasformazione in formaggio. Posto 100 il formaggio, il 46% è Monasio dop, il 18% latteria stagionato e il 36% fermentati e latticini. Solo una quota pari al 30% del totale si indirizza fuori regione, fermandosi peraltro ai mercati di Veneto ed Emilia Romagna. Quanto, invece, al prezzo del latte, altro nodo cruciale del settore, la scarsa soddisfazione data agli allevatori deriverebbe dalla stabilità del prezzo medio in Friuli Venezia Giulia, attorno ai 40 centesimi al litro (38,5), in calo rispetto a 7-8 anni fa, ma comunque superiore a quello praticato ai maggiori produttori di latte comunitari come Germania, Francia e Austria, che oscillano tra i 31 e 32,7 centesimi al litro.
Le strutture di trasformazion del latte attive in Fvg sono 55, oltre a 7 di mera raccolta, per la maggior parte riferita a strutture cooperative. Il fatturato stimato del settore lattiero-caseario in Fvg raggiunge i 220 milioni di euro.
Ufficio stampa Cisl Fvg