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FINCANTIERI, FUTURO INCERTO

C’è preoccupazione per il futuro di Fincantieri a Monfalcone perchè, anche se per i prossimi tre anni le commesse sono assicurate, le prospettive a lungo termine restano incerte. A confermare il quadro dei timori sono i numeri relativi ai carichi di lavoro, in netta diminuizione se si pensa che fino al 2009 nel cantiere di Panzano venivano varate due navi all’anno, mentre per il prossimo triennio ne sono previste solo 3, vale a dire la metà. "Questa situazione – commenta il segretario della Fim provinciale, Gianpiero Turus – ovviamente ha ripercussioni molto gravi anche sugli addetti, poichè il peso delle commesse non va a saturare tutta la forza lavoro". Forza lavoro già peraltro compromessa: se, infatti, fino a cinque anni fa i lavoratori diretti di Fincantieri sfioravano le 1.800 unità, oggi siamo a quota 1.650. "In sostanza – spiega Turus – è dal 2001, anno delle ultime assunzioni dirette, che a Monfalcone non viene rinnovato il turn over". Tuttavia a pagare il prezzo più alto della crisi sono le ditte di appalto, ovvero un indotto fitto ed articolato che ha visto perdere circa 900 lavoratori e che oggi raggiunge sì e no la quota di 2.500 addetti, a fronte delle punte di anche 4.000 degli anni d’oro. "La cosa drammatica – interviene ancora Turus – che ci preoccupa come sindacato, è che stanno letteralmente sparendo aziende ed in particolare la crisi sta intaccando soprattutto le ditte storiche dell’indotto, quelle sindacalizzate ed oneste che non hanno mai utilizzato per sopravvivere strumenti poco leciti, come ad esempio la paga globale".
E’ tra l’altro di questi giorni la notizia di due imprenditori dell’indotto che sfruttavano, sottopagandoli e costringendoli a condizioni di lavoro deteriori, alcuni lavoratori bengalesi.
"Come sindacato è da anni che ci battiamo per portare alla luce queste situazioni, anche insistendo sul Patto di legalità – rincara il segretario fimmino – ma il problema è che se il lavoratore non denuncia gli abusi, la procura non può procedere. Purtroppo però questi lavoratori, come parte debole, vivono sotto un odiosissimo ricatto".
Tuttavia, sul fronte lavoro a preoccupare sono, come si diceva, anche gli orizzonti: i tempi d’oro del cantiere monfalconese – negli anni Settanta punta di diamante nel settore della marina militare (suoi, ad esempio, i sommergibili non convenzionali Sauro o la mitica Garibaldi) e dall’89 specializzato nel comparto cruise – sembrano lontani. "E’ vero – spiega Turus – seppur ridotte le commesse ci sono, ma non va dimenticato che per le prossime navi l’armatore ha strappato un prezzo bassissimo all’azienda e i margini di guadagno sono pari a zero se non addirittura in perdita e questo va a discapito di tutto il gruppo Fincantieri, il cui core business è appunto il settore cruise".
Quanto, invece, alla richiesta della Fiom del cantiere di Sestri di spostare verso la Liguria alcuni tronconi dell’attività di Monfalcone, è il segretario regionale della Fim, Cristiano Pizzo e replicare: "Siamo sconcertati: è forse questo il concetto di solidarietà che hanno i dirigenti della Fiom? Togliere il lavoro da un cantiere per darlo ad un altro? O forse è una strategia imposta dall’alto della loro Organizzazione per punire chi ha osato fare accordi locali? Il nostro cantiere, per la sua storia, può insegnare a tutti come si fa solidarietà vera, ma non certo innescando la guerra fra poveri".
Mariateresa Bazzaro per Conquiste del Lavoro