FVG E VENETO, INSIEME CONTRO LA CRISI
UNA MACROREGIONE PIENAMENTE OPERATIVA L’idea della Cisl è chiara: per uscire dalla crisi che sta mortificando il territorio occorre unire le forze, ma non solo quelle interne alla regione. Oggi più che mai bisogna superare gli sterili campanilismi, per arrivare a vere strategie sovraregionali.
Ecco perchè a Monfalcone si sono riuniti per la prima volta gli esecutivi delle Cisl di Friuli Venezia Giulia e Veneto, un segnale importante lanciato alla politica, da troppo tempo tesa a difendere i piccoli orti.
"Le dimensioni esorbitanti della crisi – spiega il segretario generale Giovanni Fania – ci impongono scelte di campo nuove, determinate dalla consapevolezza che agire da soli, ognuno per conto proprio, non salverà nessuno". "Il nostro obiettivo – aggiunge, sdoganando l’idea di una macroregione pienamente operativa – è quella di iniziare, naturalmente anche dall’interno del Sindacato, a stabilire delle sinergie concrete rispetto ai problemi esistenti che accomunano i due territori e che necessariamente hanno bisogno di risposte diverse da quelle che possono scaturire dalle singole regioni".
A confermare l’utilità di ben più strette reti sovraregionali è uno studio commissionato dalla stessa Cisl Fvg alla società di ricerche Tolomeo. Uno studio inedito presentato stamani nel corso del vertice e che pone in relazione i sistemi Friuli Venezia Giulia e Veneto, comparandoli con quello tedesco e aprendo un forum particolare sul ruolo delle infrastrutture.
SISTEMI A CONFRONTO Dal 2008 al 2012 il Friuli Venezia Giulia ed il Veneto hanno perso complessivamente ben 40mila posti di lavoro, 15mila il primo, 23mila il secondo, con una riduzione percentuale rispettivamente del 2,9% e dell’1,1%. Parallelamente è cresciuto sensibilmente il numero dei disoccupati, quasi raddoppiato in Veneto (+89,4%) ed aumentato del 58,5% in Fvg, tanto che nel 2012 sono state complessivamente 187mila le persone in cerca di lavoro.
Se sul fronte dei tassi di disoccupazione la situazione tra le due regioni è abbastanza simile, è sul commercio estero che le posizioni si differenziano grandemente. Dopo il crollo dell’export segnato tra il 2008 e il 2009 (-21,5%), nel triennio successivo il Veneto si è ripreso ad un ritmo del 9% annuo, fatto che ha portato le esportazioni non solo ai numeri pre-crisi, ma ad un avanzamento del 2%, ponendolo a quota 51 miliardi nel 2012. Per contro, la caduta del Friuli Venezia Giulia sulla voce commercio estero (-13,5%) deve essere ancora recuperata dal sistema economico regionale, che tra il 2011 e il 2012 ha segnato un’ulteriore flessione dell’8,9%, con 11 miliardi di fatturato, ancora al di sotto del valore pre-crisi di 13 miliardi.
ITALIA VS GERMANIA Un primo dato da considerare riguarda il diverso andamento della popolazione e degli occupati rispetto a quello del Pil generato dai due Paesi. A fronte di una crescita sostanzialmente a zero della popolazione tedesca dal ’95 al 2011, il Pil della Germania è cresciuto del 25%, a fronte del 15% dell’Italia, dove peraltro la popolazione è aumentata del 7%. Di più: il Pil tedesco dopo il 2000 ha continuato a crescere mentre il numero degli occupati si è stabilizzato. In Italia – e così in Fvg e Veneto – l’andamento del prodotto interno lordo ha continuato, invece, a seguire l’andamento del numero di occupati. Altra distinzione: in Germania vince una forte propensione all’export, senza contare che il valore aggiunto generato dal manifatturiero è salito al 23%, mentre quello italiano è sceso dal 22% al 17%.
DA DOVE RI-PARTIRE "Il confronto con il modello della Germania – spiega Fania – ci suggerisce alcuni assests da mettere in pratica, dalla riprogettazione dei processi produttivi alle infrastrutture".
Per quanto riguarda i processi produttivi, per la Cisl la ricetta prevede una serie di ingredienti: maggiore contenuto tecnologico delle produzioni, apporto terziario nelle attività produttive, maggiore qualità, specializzazione e retribuzione della forza lavoro, maggiore controllo delle catene di approvigionamento e distribuzione internazionale e crescita dimensionale delle aziende.
Per quanto attiene, invece, le infrastrutture – per la Cisl – occorre sia sfruttare meglio le potenzialità dei corridoi Brennero, Adriatico-Baltico e Mediterraneo, sia potenziare, allacciandolo appunto alle grandi direttrici europee, l’assetto infrastrutturale locale (vd il collegamento tra Pordenone e Gemona) e interregionale. Il che significa, oltre a strede, anche dare gambe all’alta velocità, potenziare, per quanto riguarda il Fvg, la rete ferroviaria tra Cervignano, Udine e Trieste e sviluppare in senso funzionale e sinergico i nodi intermodali di Verona, Padova, Cervignano, Venezia e Trieste, in un’ottica di piattaforma territoriale sovraregionale, che parta anche da una revisione delle autorità portuali (troppe nell’ambito di due regioni affaciate sullo stesso lembo di mare) e permetta agli operatori, anche privati terminalisti, di servirsi facilmente di più nodi intermodali facenti parte della stessa macroarea e, di conseguenza, gestiti.
Ufficio stampa Cisl FVG