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GORIZIA, IN CITTA’ FALLISCONO DUE ATTIVITA’ AL MESE

Sino al 2008 falliva a Gorizia un’attività al mese. Tredici in un anno, per la precisione. Nel 2011 hanno chiuso prematuramente i battenti 25 attività, 20 soltanto nei primi nove mesi, per una media di due ogni 30 giorni. Ecco un’altra conferma (se mai ce ne fosse bisogno) che la crisi morde ancora e colpisce duro soprattutto nell’ambito del commercio ma anche dell’attività manifatturiera. Il report Unioncamere Un recentissimo rapporto di Unioncamere sulle procedure fallimentari attivate ha messo anche in fila le province italiane, stilando una classifica generale. Ebbene: Gorizia si piazza al 38mo posto assoluto con 1,8 fallimenti ogni mille attività. Sono tante? Sono poche? Per rispondere basta evidenziare che la media italiana è di 1,68 attività cancellate ogni mille. Siamo, pertanto, ben al di sopra di tale cifra. Certo, ce la passiamo decisamente meglio di Pordenone che è quinta in Italia: in quella città sono state avviate le procedure in Tribunale per 2.63 imprese ogni mille. Su questi dati si innestano quelli della Camera di commercio di Gorizia che ha anche suddiviso, comparto per comparto, quali sono le attività più a rischio. Ebbene: continuano a soffrire il settore tessile e il commercio. Il primo comparto ha visto chiudere l’80 per cento delle imprese negli ultimi sei anni (secondo i dati della Confindustria di Gorizia): si è assistito ad un vero e proprio azzeramento di un settore che, per anni, era stato il “motore” dell’economia goriziana e isontina. Tante le attività in bancarotta anche nel campo commerciale che stenta a risollevarsi e che sta pagando a caro prezzo la scomparsa della clientela slovena, sempre più diretta verso i centri commerciali fuori città. A livello generale, il 70% delle imprese che accedono alla procedura fallimentare sono società di capitali. Al secondo posto si piazzano le società di persone (14 per cento) seguite dalle ditte individuali (12%). Certo, molto lavoro è stato fatto: diversi imprenditori sono stati bravi a ricollocarsi sul mercato, a diversificare l’offerta, a rimettere a posto le proprie attività ma la situazione è grave e rischia di aggravarsi. Il parere dei sindacati I numeri di Unioncamere non stupiscono, purtroppo, i sindacati. Il segretario provinciale della Cisl Umberto Brusciano definisce espressamente questo scenario uno «specchio chiaro della situazione». «E dobbiamo considerare che, accanto alle tante procedure fallimentari, c’è una miriade di chiusure senza bancarotta – avverte Brusciano -. In questa provincia lo sviluppo legato al manifatturiero e legato alla parte produttiva risentono, come non mai, dell’ennesima crisi. Ma occorre dare una svolta decisa all’Isontino. Forse, ancora una volta, stanno arrivando risposte identiche a quelle del passato senza considerare che il mondo è cambiato. Anche aziende che nessuno avrebbe mai pensato avessero potuto accusare problemi, stanno cedendo. Inesoralbilmente. Non vogliamo essere uccelli del malaugurio ma la sensazione è che il conto sarà salatissimo». Aggiunge il numero della Cisl: «La crisi è generale. Vanno individuati sistemi che offrano nuovi percorsi occupazionali, agevolando nel contempo l’insediamento di nuove industrie. Si deve, ad esempio, puntare maggiormente sul marketing territoriale».