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INTERMODALITA’ FVG, ALTO POTENZIALE, MA SI PUO’ FARE DI PIU’ - Cisl FVG
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INTERMODALITA’ FVG, ALTO POTENZIALE, MA SI PUO’ FARE DI PIU’

Pittelli (Fit Cisl Fvg): “Lavorare su un’idea sistemica che abbia come principio una efficace ed efficiente mobilità di merci e persone”. A dirlo uno studio dell’ISFORT, commissionato dalla Fit Cisl e presentato stamani in anteprima a Trieste

Riflettori accesi sull’intermodalità del Friuli Venezia Giulia, stamani a Trieste, con la Fit Cisl che chiama a raccolta gli attori del trasporto non solo per fare il punto sul sistema della mobilità regionale, ma soprattutto per mettere sul tavolo la necessità di lavorare assieme su un’idea sistemica che abbia come principio una efficace ed efficiente mobilità di merci e persone. “Oggi – spiega per la categoria cislina, Antonio Pittelli – siamo ad un punto cruciale, ovvero quello di ragionare sui trasporti sapendo che questi rappresentano un sistema complesso, che può dare il massimo risultato solo se pensato in chiave integrata: altrimenti il rischio sarà di non tenere testa alle eccellenze che già oggi danno filo da torcere alla nostra realtà regionale”.

Eccellenze e potenzialità che sono anche alla base dello studio, commissionato proprio dalla Fit, all’ISFORT (Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti), presentato in anteprima proprio stamani. Lo studio, nel suo centinaio di pagine, parla chiaro sostenendo – in sostanza – che il grado di competitività della logistica del Fvg dipenderà in buona parte dalla scommessa su una più forte governance pubblica territoriale dei processi infrastrutturali. Al pari sarà determinante anche l’ammodernamento delle tecnologie, assieme alla qualificazione del lavoro e alla sua regolazione in modo più attento alla qualità delle prestazioni e meno all’esclusivo versante di una continua compressione dei costi di produzione. Solo in questi termini – precisa lo studio – il vantaggio competitivo determinato dal posizionamento lungo corridoi di trasporto strategici sarà davvero determinante.

La fotografia scattata da ISFORT è a luci ed ombre. A fronte di spostamenti tornati ai livelli pre-Covid, con quasi 2,2 milioni di spostamenti in un giorno medio feriale, un tasso di mobilità più alto della media nazionale (84,2% a fronte del dato italiano all’80,5%) e un pendolarismo in crescita in tutte le province, con la punta più alta (+3,46%) a Pordenone, il ricorso all’automobile resta il modello di mobilità dominante, confermato anche da un parco auto che continua gradualmente a crescere (+5% tra il 2025 e il 2022). E’, infatti, sulle quattroruote e sulle due ruote (mobilità privata) che ricade prevalentemente la scelta dei cittadini del Fvg, con il 66,5% delle preferenze, a fronte del solo 8,7% (comunque più alto della media del NordEst e di quella nazionale) che ricade sulla mobilità collettiva, vale a dire tutti i mezzi pubblici e lo sharing. Il tasso di mobilità sostenibile, ovvero gli spostamenti a piedi, in bici o monopattino o su mezzi pubblici, risulta al di sotto del 35%, in leggero calo rispetto agli anni precedenti. A preoccupare è il basso e declinante ricorso all’intermodalità, che dal 3,5% del 2010 è scivolato al 2,6% attuale, il dato più basso al netto degli anni pandemici e nonostante il buon indice di soddisfazione registrato per il trasporto pubblico urbano, decisamente più alto (61,3%) di quello riscontrato per i treni regionali e locali, fermo al 43,8%. La questione intermodale si ricollega poi non solo all’andamento demografico regionale, determinante rispetto ai possibili scenari, ma anche agli indicatori complessivi sulla mobilità pubblica, focalizzata soprattutto sui capoluoghi, ed, infine, sul contesto economico e produttivo. Tenuti a mente questi parametri, il supporto della rete infrastrutturale risulta fortemente incoerente rispetto ai livelli di competitività del tessuto regionale. Rispetto alle infrastrutture parliamo di un indice medio di 77,5 a fronte di un indice regionale complessivo all’89,6. In altri termini siamo in presenza di un’armatura infrastrutturale decisamente sbilanciata a sud e con una vocazione trasportistica più accentuata nel quadrante orientale. Altro dato di rilievo, quello relativo alle modalità di trasporto scelte dalle aziende regionali per il trasporto merci, che poggia per il 90% sulla rete stradale. Alla intermodalità si lega poi il porto di Trieste, con il grande contributo dato al traffico ferro-nave, soprattutto nello scambio con la Germania.

“La sinergia tra diversi modi di trasporto è diventata essenziale per lo sviluppo economico e la connessione tra le regioni in tutto il mondo. Questa realtà è rilevante ancora di più per il Friuli Venezia Giulia, per la sua posizione strategica e i suoi collegamenti con Austria e Slovenia” – commenta Pittelli, che incalza: “Promuovere l’intermodalità significa migliorare la competitività economica della regione e al tempo stesso ridurre l’impatto ambientale dei trasporti. Se l’intermodalità è la nostra scommessa di crescita ed attrazione degli investimenti, di rispetto e sostenibilità ambientale, può essere anche la chiave di uno sviluppo turistico ancora più forte, assicurato da una connettività intermodale tra aeroporti, porti, strade, autostrade e stazioni ferroviarie tale da consentire ai visitatori di raggiungere agevolmente la regione e di spostarsi tra le diverse attrazioni turistiche”.

“Di fronte al quadro fornito da ISFORT e alle grandi potenzialità delle nostra regione, a partire dalla posizione geografica e da un porto dalla forte capacità, occorre allineare tutti i soggetti dell’intermodalità (così l’aeroporto di Trieste che deve svilupparsi come hub cargo e gli interporto che risultano decisamente superati dai loro competitor veneti, in particolare di Verona e Padova), dotarli delle tecnologie di cui oggi sono carenti (digitalizzazione e filiera elettrica, ad esempio) e pianificare investimenti e modelli di gestione delle reti infrastrutturali, da una parte, solide e di lungo periodo, e dall’altro flessibili e resilienti perché esposte a dinamiche di mercato in costante fibrillazione”.

A chiudere i lavori il segretario nazionale della Fit Cisl, Salvatore Pellecchia, che ha evidenziato tre passaggi chiave necessari a superare le fragilità del sistema dei trasporti e dare vitalità all’economia del Paese. Il primo step – per il numero uno della categoria – è sopperire alla mancanza di integrazione modale. “Abbiamo iniziato a discuterne, partendo dal segmento aeroportuale che è strettamente collegato anche a quello ferroviario. Il prossimo passaggio riguarderà il TPL (Trasporto Pubblico Locale) che oggi risulta eccessivamente parcellizzato, se si considera che oggi è servito da 800 aziende a fronte delle 5/6 di Francia e Germania”. Per il nazionale della Fit Cisl occorre, poi, elevare gli standard di sicurezza sul lavoro, a partire dal contrasto alle aggressioni agli operatori. E a questo proposito Pellecchia ha annunciato che è pronto un protocollo che verrà sottoposto a breve al ministro Salvini, e che prevede misure deterrenti contro le aggressioni (vd. Daspo della mobilità). Altro passaggio, il tema contrattuale evidenziato da una parte dalla mancanza di operatori, e, dall’altra, dall’urgenza di rinnovare i CCNL scaduti. Ultimo ma non ultimo, il tema della partecipazione dentro le aziende del trasporto, tema che si richiama alla legge di iniziativa popolare sulla partecipazione targata Cisl.