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INTERVENTO DI GIOVANNI FANIA SUL TEMA DELLE INFRASTRUTTURE

Il tema delle infrastrutture, richiamato in questi giorni anche dalla presidente Serracchiani, è di grande interesse ed attualità e rappresenta una sfida importante cui non possiamo sottrarci. Se, infatti, fino a sette anni fa la programmazione pubblica delle arterie stradali ed, in generale, delle direttrici per il trasporto di merci e persone era ancora possibile, oggi – con una crisi che non consente investimenti e riduce al minimo le risorse necessarie – garantire la mobilità risulta una scommessa. Eppure le soluzioni esistono per fare in modo che la nostra rete possa essere competitiva, reggere alla concorrenza e, allo stesso tempo, osservare le prescrizioni in materia dettate dall’Unione Europea. Leggo sui giornali la soddisfazione della governatrice rispetto al progetto di aggregazione ipotizzato nel vicino Veneto tra concessionarie autostradali. Io credo – e la Cisl del NordEst da tempo sta lavorando in questa direzione – che questo vada considerato solo un piccolo passo di una strategia ben più ampia e consistente, che dovrebbe vedere una completa aggregazione di tutti gli enti gestori a livello di Triveneto, coinvolgendo, pertanto, Friuli Venezia Giulia, Veneto e le province di Trento e Bolzano. L’eccessiva frammentazione della rete italiana (ed in proiezione di quella del NordEst) – parliamo di oltre 5mila 800 chilometri gestiti da ben 25 concessionarie con una media per singola società di 126 km – costituisce oggi un handicap gravissimo: un ostacolo sia al reperimento ed attuazione degli investimenti, sia alla gestione efficace degli stessi tratti. Oggi ci troviamo ad un bivio: continuare con un assetto non più sostenibile, che trae le risorse dai pedaggi (in costante e significativo aumento negli ultimi anni), che non può più contare sul cospicuo finanziamento pubblico e che pertanto è esposto ad un forte rischio di indebitamento (è il caso della Terza Corsia); oppure, anche in forza della scadenza di molte concessioni, ragionare in un’ottica nuova. Quella, ad esempio – e questa è la proposta della Cisl, già presentata ai presidenti di Regione e Province autonome – di creare una newco, un polo unico del NordEst per la gestione della viabilità. Questo vorrebbe dire mettere assieme le concessionarie autostradali di Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino, ed eventualmente in un secondo momento anche la viabilità ordinaria, in una logica di superamento dei colli di bottiglia. Con una serie di vantaggi: la possibilità di realizzare economie di scala; di ridurre doppioni e la moltiplicazione di strutture; di ragionare, rispetto agli investimenti, in termini di autofinanziamento, evitando di cadere nella spirale del debito con prestiti bancari a breve sempre più onerosi; senza contare la maggiore sostenibilità della rete anche a lungo termine e il migliore rapporto tra gestore e territorio. Attualmente, infatti, esiste un eccessivo disordine delle competenze del cosiddetto federalismo infrastrutturale, che induce a sprechi, a poca chiarezza degli interlocutori e a funzioni e competenze duplicate. Con un unico Polo del NordEst, sostenuto attraverso una quota dei pedaggi, si finanzierebbero le attività di manutenzione stradale e si unificherebbero le centrali operative e i consigli di amministrazione, con innegabili vantaggi di bilancio, ma anche e soprattutto di servizi. E’ chiaro che non si tratta di un percorso semplice – purtroppo a suo tempo già fallito con le multi utilities – ma senz’altro costituirà, se sapremo implementarlo in una indispensabile logica di intermodalità, la risposta ai nuovi assetti europei e alle dinamiche dei traffici determinati anche dall’allargamento del Canale di Suez. Dobbiamo, in altri termini, sviluppare in senso funzionale e sinergico, accanto alla rete stradale, anche i nodi intermodali di Verona, Padova, Cervignano, Venezia e Trieste, in un'ottica di piattaforma territoriale sovraregionale, che parta anche da una revisione delle autorità portuali e permetta agli operatori, anche privati terminalisti, di servirsi facilmente di più nodi intermodali facenti parte della stessa macroarea e, di conseguenza, gestiti. L’aumentata circolazione delle merci soprattutto dirette verso il Mediterraneo ci impone scelte strategiche congiunte, potendo contare su un hub naturale – quello del NordEst, appunto – dalle grandi potenzialità, il cui perno potrebbe essere il porto di Trieste, il punto più alto di penetrazione per il centro Europa. In questo modo potremmo, come sistema-Triveneto, essere baricentro di mobilità, scongiurando il rischio, tutt’altro che remoto, di essere definitivamente isolati se altri, prima di noi – in testa la Slovenia, già a caccia di partners europei – sapranno cogliere una straordinaria occasione.