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Intervista a Giovanni FANIA, Segretario Generale USR-CISL del Friuli Venezia Giulia

«Temo che l’appello a fare sistema cada nel vuoto»
«Rivaluti l’organicità delle deleghe ai suoi assessori»
Fania: la vera emergenza 2010 saranno gli over 45, le donne e gli immigrati esclusi dal lavoro

L’INTERVISTA
Il segretario della Cisl: «Parliamo di 20.000 persone difficilmente ricollocabili» «Il Friuli Venezia Giulia è diventato terra di conquista: dalla Safilo alle multiutility»
di RENATO D’ARGENIO

TRIESTE. La vera emergenza del 2010 saranno gli Over 45 espulsi dal mercato del lavoro. Saranno le donne e gli immigrati, le figure più deboli. E’ questo il versante che maggiormente preoccupa il segretario regionale della Cisl Fvg, Giovanni Fania.

Segretario che anno vi attendete?
«I dati che ci sono forniti quotidianamente evidenziano con chiarezza la situazione: il 2009 ci ha consegnato le condizioni economiche peggiori degli ultimi 30 anni. Per tutto l’anno si è navigato a vista, si sono messe toppe dappertutto e, un po’ per fortuna, ma anche con gli strumenti varati dal Governo nazionale e regionale, abbiamo mitigato gli effetti della crisi. Come Cisl non vogliamo essere pessimisti e creare situazioni di paura, consapevoli che proprio il pessimismo è la ricetta peggiore per uscire da una crisi, che viceversa richiede lucidità».

E quindi?
«Quindi, ci attendiamo che tutti, a partire dalla politica, ma anche gli attori sociali e produttivi assumano un forte senso di responsabilità per mettere in campo lo stesso spirito di coesione che a visto questa regione superare momenti difficilissimi della nostra storia a partire dal terremoto del ’76. Quest’anno ci dovrà vedere impegnati a preparare le basi per il rilancio e sviluppo del nostro territorio senza risorse economiche a disposizione. Occorre che tutti facciano la loro parte, anche le banche, cominciando a restituire gli aiuti che hanno ricevuto».

Si può fare qualcosa in più per aiutare le persone che hanno perso il lavoro?
«Quello che potevamo fare l’abbiamo fatto: abbiamo esteso il periodo di copertura degli ammortizzatori da 4 a 6 mesi, allargato la platea dei beneficiari, firmato l’accordo già in dicembre per non perdere tempo nelle procedure. Come Cisl abbiamo chiesto di integrare il reddito con una variante di quoziente familiare, tenuto conto della vasta diversificazione delle capacità reddituali delle famiglie. Tuttavia, per il 2010 il vero problema non saranno gli ammortizzatori, coperti dalle stesse risorse del 2009, ma la mancanza di strumenti che sostengano le politiche attive del lavoro e aiutino chi è o andrà in mobilità a trovare una nuova occupazione».

Quasi tutte persone oltre i 40 anni o donne.
«Infatti. La vera emergenza è proprio questa. O si pensa in termini concreti agli over 45 espulsi dal mercato del lavoro, alle donne e agli immigrati, le figure più deboli del mondo del lavoro, o avremo risvolti drammatici e tensioni sociali difficili da dipanare. Ed è questo il versante che più ci preoccupa: parliamo di un’ipotetica platea di 20.000 persone che sarà difficilissimo ricollocare».

La precedente giunta stava sperimentando il reddito di cittadinanza; l’attuale l’ha sostituito con il potenziamento della Carta Famiglia. Che ne pensa?
«Non sono la stessa cosa. Oggi manca un reddito di sostegno al lavoratore che lo accompagni nel percorso formativo e lo sostenga prima di trovare un nuovo posto di lavoro. Ma non solo: devono essere ridotte le tasse alle aziende, ma soprattutto ai lavoratori e pensionati per rilanciare i consumi interni e far ripartire la macchina. Di qui la nostra proposta di riforma fiscale».

Il presidente di Confindustria Fvg, Calligaris, ha detto: “è finita la logica del posto fisso”.
«Non so cosa intenda per posto fisso. Credo che oggi agli italiani, e soprattutto ai giovani, interessi un posto di lavoro; uno qualsiasi ma certo. Come Cisl sappiamo che gli attuali modelli produttivi hanno bisogno anche di una certa flessibilità, perché le evoluzioni e la dinamicità dei mercati ci impongono una quota di adattamento per non perdere competitività: tuttavia il problema è che da 15-20 anni la flessibilità si è tradotta in precarietà e questo non va bene».

E come si coniugano flessibilità e sicurezza?
«Dando alle persone obiettivi e certezze rispetto al lavoro e alla propria vita sociale, anche attraverso ammortizzatori sociali, formazione, servizi di reimpiego, compensi adeguati, prospettive di crescita professionale e stabilizzazione, così come accade nei Paesi più avanzati come quelli nordici che hanno introdotto il concetto della “flexsicurity”. In Friuli Venezia Giulia poi dobbiamo fare i conti con un ulteriore problema».

Quale?
«Quello di un mercato del lavoro ingessato, dove manca la mobilità soprattutto nelle fasce sociali alte, quei giovani più istruiti e formati che non trovando sbocchi ed opportunità si spostano, quando va bene, fuori regione o, peggio ancora, all’estero, con grave danno per la comunità regionale».

La Cgil chiede maggiore responsabilità all’Industria e un piano di reintegro dei lavoratori. Lei cosa chiede?
«Chiediamo agli imprenditori di questa regione di tornare ad essere intraprendenti, ad avere il coraggio di rischiare. I guai che stanno dietro le nostre Pmi sono noti: nanismo, carenza di innovazione, passaggi generazionali difficili. Problemi che oggi con la crisi emergono in tutta la loro portata, confermandoci che abbiamo perso almeno 15 anni per trasformarci. Occorre introdurre un nuovo umanesimo del lavoro fatto di responsabilità, equità, solidarietà».

Che tradotto vuole dire?
«Vuole dire che non è più accettabile – e questa crisi ce lo conferma – che quando le cose vanno bene gli utili restano all’impresa e quando vanno male il prezzo lo pagano i lavoratori. Viene poi da chiedersi, dove sono finiti gli utili degli anni d’oro delle imprese friulane? Sono stati reinvestiti per innovarsi, per essere più competitive sul mercato? In formazione? Certo, rispetto al sistema produttivo, alcune responsabilità le ha anche la politica che ha permesso negli ultimi quindici anni che questa regione diventasse terra di shopping, di conquista: pensiamo alla grande distribuzione, ma anche alle aziende manifatturiere come, per esempio, i casi più recenti di Safilo e Ansaldo, ed adesso tocca alle multiutility e poi alle aziende di trasporto».

Non siamo capaci di fare sistema.
«Infatti e, in questo senso, temo che l’appello del presidente dell’Api, Marco Simeon, non trovi sbocco. Quello che, invece, nella situazione contingente si può fare in accordo con le associazioni degli imprenditori è sostenere e praticare quanto più è possibile i contratti di solidarietà, perche è fondamentale che i lavoratori restino, anche se a impiego ridotto, sul posto di lavoro. Proponiamo un accordo che rafforzi questo strumento».

Qual è il vostro giudizio sul piano anti-crisi della regione?
«Non possiamo dire che sia stato fatto poco: resta però il rammarico di essere intervenuti forse troppo tardi, malgrado – come Cisl – avessimo lanciato l’allarme crisi già nel marzo 2008, senza essere ascoltati. Tuttavia non riteniamo utile dare pagelle o giudizi con il senno di poi, anche perché la strategia della giunta Tondo di sostenere il welfare, il lavoro con gli ammortizzatori, puntare sulle infrastrutture, è stata messa in campo e condivisa dalla Cisl, ma anche da Cgil e Uil».

Da tempo, però, tutti voi chiedete una “fase 2”.
«Va istituito quel tavolo anticrisi mai decollato e rispetto al quale la Giunta si era impegnata a settembre. Per noi, infatti, l’urgenza rimane il mantenimento del posto di lavoro e quindi continuare a sostenere le imprese, in particolar modo quelle manifatturiere asse portante della nostra economia, e i lavoratori».

Un consiglio al presidente Tondo.
«Premesso che stimo Tondo per la dinamicità, ma soprattutto come persona attenta alle marginalità sociali, gli consiglierei di valutare l’organicità delle deleghe attribuita ai singoli assessorati. Penso che la situazione di crisi straordinaria meriti un’altrettanta organizzazione straordinaria. Prima ho parlato della Formazione e Lavoro, ma anche la delega alle Attività Produttive deve, a mio avviso, non solo mirare ad una maggiore attenzione verso l’industria manifatturiera per meglio rispondere alle nuove sfide».

E la sanità?
«Sanità e assistenza sono priorità per i nostri anziani pensionati e per i non autosufficienti, sempre più numerosi. In questi giorni si discute molto di Piano socio-sanitario, ma siamo ancora in attesa dei tavoli di confronto con l’assessore Kosic. E’ evidente, comunque, che le risorse messe a disposizione nel bilancio regionale sono insufficienti per sviluppare piani di investimenti sanitari, tuttavia, la vera questione della Sanità riguarda il processo riformatore in generale, se deve andare avanti o meno. Si tratta di aprire un tavolo serio per affrontare i nodi del sistema, discutendo anche della partecipazione alla spesa sanitaria perchè è solo demagogia illudere la gente che tutto va garantito a tutti».