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LA CISL AF RIBADISCE IL VALORE DEL PRIMO MAGGIO

Giornata che è anche opportunità di seria riflessione, particolarmente oggi, in un contesto economico e sociale così fragile, dove le nostre debolezze possono diventare alibi per comportamenti che mettono in discussione i valori che il sindacato porta avanti.

Il Sindacato è oggi sfidato nel suo ruolo di capacità rappresentativa e di tutela contrattuale dal nuovo capitalismo finanziario che ha pesantemente alterato il rapporto tra capitale e lavoro a netto svantaggio di quest’ultimo.

Non tutto però deve passare attraverso il mercato, che deve essere regolato ma che e’ uno strumento e non un fine.

Ma un sindacato responsabile quale si sta dimostrando la Cisl, non può limitarsi, come altri, a fare la cassandra rimanendo legata ad una concezione astratta delle tutele del lavoro e delle relazioni industriali.

Occorre passare dal “diritto al lavoro” ai “diritti nel lavoro” dove il lavoro rappresenta la dimensione fondamentale della vita umana

In questo contesto l’azione svolta dalla Cisl è quindi orientata a creare le condizioni affinché la domanda e l’offerta di lavoro possano reciprocamente autoalimentarsi, valorizzando il capitale umano, ora svilito dalla precarietà, e collocando la nuova mobilità del lavoro all’interno di un più incisivo sistema di protezione dei redditi e di assistenza ai lavoratori in difficoltà.

Si tratta di definire, all’interno delle norme costituzionali e della carta dei diritti fondamentali dell’unione europea, più adeguate tutele per tutte le forme di lavoro, in particolare per quelle flessibili ed atipiche e per quelle che si collocano oltre i confini del lavoro dipendente, nelle aree del lavoro semi-autonomo, caratterizzate comunque da condizioni di subordinazione socio-economica, nonché di declinare diversamente, anche per il lavoro dipendente, le tutele già previste, o di introdurne di nuove, che meglio si conformino al mercato del lavoro e ad un quadro socio – economico in evoluzione.

Occorrono stabili tutele universali del reddito in caso di inattività temporanea o disoccupazione accompagnate da vere ed efficaci politiche attive del lavoro e da una formazione professionale che aggiorni effettivamente le professionalità, cui si deve affiancare lo sviluppo della contrattazione decentrata e territoriale e la promozione della bilateralità.

Occorre infine una forte spinta verso una vera responsabilità sociale dell’impresa, che dia al lavoro il ruolo responsabile della partecipazione ai suoi destini nella costruzione di una nuova coesione sociale, in un diverso equilibrio tra democrazia economica e democrazia politica.

Occorre, in definitiva, rimettere testardamente al centro della nostra azione la persona.

Una persona non si riduce solo al lavoro, è di più.

E’ la persona che fa il lavoro e non viceversa.

Con le attualissime parole dell’Enciclica sociale “Caritas in veritate”, un lavoro scelto liberamente, che associ efficacemente i lavoratori, uomini e donne, allo sviluppo della loro comunità; un lavoro che, in questo modo, permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; un lavoro che consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli, senza che questi siano costretti essi stessi a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa.

Dobbiamo tenere alte nel nostro agire di sindacato queste questioni perché a queste si lega la nostra attività, anche locale.

La crisi, che finora aveva colpito soprattutto “gli invisibili”, quelli cioè che non potevano usufruire degli ammortizzatori sociali normali o in deroga, oggi si fa sentire pesantemente anche per quelli che entrano in mobilità o non hanno ulteriori ammortizzatori.

A questi, non va dimenticato, si aggiungono quelli che già prima della crisi erano in forte difficoltà sociale.

Il nemico da combattere diventa quindi il senso di frustrazione, di abbandono, di solitudine che colpisce il lavoratore espulso o inattivo, il giovane o la donna inoccupati; oggi anche l’imprenditore lasciato solo dal sistema.

Contro queste situazioni a forte rischio di povertà o di esclusione, fino alla consumazione di gesti estremi, vi è bisogno di scelte nuove e coraggiose orientate ai singoli e alle famiglie.

La inabilità e la non autosufficienza devono diventare una priorità etica e politica.

Sulle famiglie e sui redditi bassi bisogna ricalibrare il sistema fiscale, grande problema morale soprattutto nel nostro paese.

L’evasione e l’elusione fiscale sono un altro grave problema civile.

Il Sindacato, il nostro Sindacato, non ha quindi di fronte solo un lavoratore ma, soprattutto, una persona.

Deve pertanto non confinare il suo disagio nel lavoro, ma far emergere il bisogno della persona cogliendone e coniugandone i due aspetti: quello generale “immutabile” (dei principi) e quello che cambia nel tempo (lo scenario)

Il sindacato, la Cisl, è pronta ad accogliere questa sfida, di fermezza sulle proprie idee ma di apertura ai cambiamenti.

La persona non si riduce solo al lavoro, è di più.

E’ la persona che fa il lavoro e non viceversa.

 Franco Colautti

Segretario generale

Cisl Alto Friuli