LA REGIONE SOSTENGA IL SOCIALE E LE FAMIGLIE di Giovanni Fania (Messaggero Veneto)
Ora non ci sono davvero più scuse: dopo il black out delle elezioni e del referendum, che di fatto ha paralizzato il Paese sulle grandi questioni dello sviluppo, la macchina-Italia va rimessa in moto. Bisogna farlo lasciando da parte l’innata speranza che la politica possa risolvere tutti i problemi, ben consapevoli, invece, che l’unica strada per uscire dalle sabbie mobili in cui la crisi ci ha gettato è quella delle riforme. All’indomani della tornata elettorale, i nodi sono ancora tutti lì ad aspettarci, nel campo economico come in quello sociale. Urge – per noi della Cisl – un’azione riformista ad ampio spettro, che abbia ben presente l’obiettivo non solo della ripresa, ma della crescita. Di fronte ad un’economia che stenta e alle maglie della povertà sempre più larghe, vanno recuperate risorse da collocare sui piloni dello sviluppo, inteso come infrastrutture, produttività, welfare, compreso il sostegno alla non autosufficienza, buon andamento della pubblica amministrazione. Se l’indebitamento non è più possibile, le risorse di cui il Paese ha bisogno vanno reperite in due modi: dando finalmente benzina ad una incisiva riforma fiscale e combattendo gli sprechi di denaro pubblico. Sul primo passaggio, molto come Cisl abbiamo detto e continuiamo a dire. Sono 200, dai nostri calcoli, i miliardi che vengono distratti dall’imposizione; soldi che potrebbero essere impiegati a vantaggio della collettività. Quello che chiediamo è uno spostamento degli eccessivi pesi fiscali dai redditi più bassi a quelli più alti, colpendo anche evasori e rendite finanziarie. Riforma fiscale, dunque, ma anche sostanziale abbattimento dei costi della politica, a partire da quelli prodotti dai troppi livelli istituzionali. Prendiamo una regione come il Fvg, che conta appena 1milione 200 mila abitanti. Come Cisl, crediamo sia irrealistico che questo modello istituzionale, fatto di tante articolazioni, sia sostenibile nei prossimi anni e ci domandiamo se davvero le Province abbiamo ancora senso di esistere. Molti enti intermedi creati negli anni più per il controllo politico del territorio, che per le vere necessità dello stesso, ora rivelano tutta la loro inutilità. Sono enti le cui competenze ben potrebbero essere riassorbite dalla Regione e dagli stessi Comuni. Un esempio su tutti vale a dimostrare come l’indice di produttività delle Province non sia convincente: il servizio di collocamento, una volta gestito dalla Regione, ricollocava attorno al 7-8% dei lavoratori; percentuale analoga realizzata dalle Province, per un servizio loro demandato in ragione del maggior radicamento sul territorio. Occorre avere il coraggio di fare le riforme. Anzichè alle stratificazioni ormai calcificate, guardiamo al futuro in termini di competitività, riappropriandoci dei mercati chiusi anche da una concorrenza limitrofa deregolamentata. Bene le idee della Regione sul fronte delle infrastrutture, ma bisogna che le stesse vengano concretizzate nel più breve tempo possibile, diventando strumento di sviluppo di un terziario avanzato della logistica. In questa direzione va proprio la partita, purtroppo ancora in ballo, del cosiddetto superporto. Dobbiamo modificare il nostro modo di ragionare. Un tavolo di confronto importante dove si è già potuta assicurare una congrua distribuzione dei 180 milioni dell’avanzo di bilancio e rispetto al quale vigileremo su alcuni impegni assunti dalla Regione, a partire dal finanziamento del Fondo per l’autonomia possibile e gli interventi sui giovani. Dopo una Finanziaria di sacrifici, infatti, era di primaria importanza che la disponibilità economica dell’assestamento non venisse dispersa. Pensiamo che queste risorse debbano essere orientate a sostenere la ripresa e a contrasto delle marginalità che si sono andate creando anche nel cossidetto ceto medio, con la drammatica espulsione dal mercato del lavoro di migliaia di over 45. Deve poi essere tenuta alta l’attenzione sui giovani, sostenendo politiche apposite sia sotto il profilo della stabilità occupazionale, sia dell’autoimprenditorialità, prevedendo agevolazioni ancora più incisive per gli start up. Il tempo della politica che si parla addosso è finito: bisogna passare dalle parole ai fatti. Ed in questa direzione, come Cisl ci appelliamo, al Consiglio regionale perchè assuma un chiaro atto di responsabilità destinando parte dei 20 milioni derivanti dalla manovra di assestamento e a suo appannaggio, al sociale e alle famiglie.