LA SANITA’ NON SIA TERRENO DI SCONTRO TRA IDEOLOGIE
Intervento del Segretario Generale, Giovanni Fania, pubblicato su Il Messaggero Veneto La questione della riforma sanitaria, la cui discussione entra nel vivo in questi giorni, merita – a mio parere – una serie di considerazioni, forse fino ad oggi trascurate. Considerazioni innanzitutto preliminari. Malgrado la nostra tendenza a lamentarci del sistema, la sanità italiana, dopo quella francese, risulta la migliore a livello europeo, ad esempio per tassi di mortalità ed, ancora, per il virtuoso rapporto tra spesa ed aspettative di vita. Basti pensare che, a fronte di un investimento di Pil pari a circa il 9%, la nostra aspettativa di vita raggiunge gli 82 anni, mentre, ad esempio, in Germania si spende l’11,3 dei prodotto interno lordo per vivere un anno di meno. Se dovessimo pensare, dunque, al nostro sistema sanitario come ad un’azienda, sulla base di tutta una serie di parametri certificati, non potremmo che ammettere che siamo di fronte ad un sistema assolutamente produttivo.
In questo contesto nazionale, peraltro molto disomogeneo, a portare la bandiera delle regioni più virtuose, assieme a Toscana ed Emilia Romagna, c’è proprio il Friuli Venezia Giulia, che pur scontando cinque anni di non adeguamento della spesa neppure all’inflazione, e due di pesanti tagli, si conferma tra quelle con le migliori performance. Come, del resto, testimoniato non solo dal livello di soddisfazione espresso dai cittadini (66%), ma anche dal saldo più che positivo (7mila persone nel 2011) tra chi arriva nella nostra regione per farsi curare ed assistere e chi se ne esce per analoghe prestazioni. Standard del genere vanno, dunque, salvaguardati perché il rischio di perdere posizioni, a danno dell’utenza, è dietro l’angolo. Soprattutto in un’epoca di necessarie razionalizzazioni, già imposte dal decreto Balduzzi con il taglio di 0,7/1000 posti letto, il futuro della sanità, anche regionale, va messo in sicurezza. Oggi ci troviamo a discutere di due modelli – della maggioranza e dell’opposizione – differenti per approccio e filosofia, ma entrambi per certi versi lacunosi. Volendo soffermarci su quello dell’attuale Giunta, preoccupano alcune incertezze, che sarebbe urgente chiarire. Su tutte quella della governance tra territorio ed ospedale nella logica voluta di una “rete di patologia”. L’idea di una sorta di filiera della cura è senza dubbio affascinante, ma va resa certa. Ad esempio prevedendo precisi processi di responsabilità a carico delle singole “stazioni”; garantendo in modo inequivocabile la continuità della cura e dell’assistenza e, soprattutto, sottraendo al potere discrezionale dei direttori generali la ripartizione delle risorse tra territorio ed ospedale perché sappiamo bene che altrimenti i budget seguirebbero le urgenze dettate normalmente dai centri ospedalieri. E ancora, non appare del tutto chiaro il ruolo degli stessi ospedali minori, se verranno riconvertiti in case della salute e, se sì, con quali e quante risorse; come si intende attrezzare i territori, Asdi ed Rsa, al nuovo ruolo che nel disegno di riforma dovranno giocare, sapendo bene che è fondamentale assicurare l’operatività, sostenibilità ed efficienza del territorio rispetto all’erogazione delle cure primarie, in modo da creare anche un indispensabile volano di economie; quale disponibilità daranno i medici di medicina generale ad essere i primi protagonisti della rete; come la riforma impatterà sulle liste d’attesa, tutt’ora nodo critico da sciogliere e prima risposta da dare ai cittadini.
Il quadro è complesso ed ambizioso, senza peraltro ancora dati e numeri certi: resta da capire come prepararci a questa riforma in modo da salvaguardare le nostre eccellenze e standard. Forse sarebbe opportuno anche – in questa direzione – siglare un patto con i cittadini, definendo percorsi e vantaggi, chiarendo a tutti che tagliare non significa privare, ma garantire servizi più efficienti; che, ad esempio, se non ci sarà più la specialità nell’ospedale sotto casa, nello stesso saranno garantire altre prestazioni in tempi minori.
Di fronte a tutti questi interrogativi che si pongono, l’appello della Cisl del Friuli Venezia Giulia è che la sanità di questa regione non diventi, come sta rischiando, il teatro di uno scontro politico tra destra e sinistra. Quello che mi pare urgente è, invece, un confronto, più che sul contenitore, sul merito delle proposte, avendo tutti bene a mente l’efficacia, sostenibilità e qualità del sistema nel suo complesso. E’ una responsabilità alla quale siamo chiamati tutti, compresa la politica, indipendentemente dagli schieramenti. Ci preoccupa che la sanità stia diventando, o diventi, una palestra dove misurare le forze, mentre invece – siamo convinti – che debba rimanere un luogo di concertazione vera e contributo propositivo.
Giovanni Fania – Segretario Generale Cisl FVG