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LA SPECIALITA’ E LA DERIVA DEI LOCALISMI

Intervento del Segretario Generale Giovanni Fania, pubblicato su Il Piccolo
Leggo con qualche preoccupazione il dibattito sulla specialità del Friuli Venezia Giulia e la ingenua o pericolosa volontà di continuare a contrapporre i territori della nostra regione. Venute inevitabilmente a cadere le ragioni storiche che hanno portato il Friuli Venezia Giulia ad essere identificato come speciale – mi riferisco, ad esempio, alla cortina di ferro o alla marginalità geografica – non vorrei che la specialità, già fortemente messa in discussione in altre regioni meno “virtuose”, pagasse da noi pegno a causa di futili campanilismi. Non vorrei, cioè, che la crescente esaltazione del localismo più radicale andasse ad incidere sul senso di appartenenza delle persone. Se cosa diversa è l’autonomismo, inteso come la consapevolezza piena di sentirsi parte di, il mero localismo rischia, infatti, di farci cadere in trappole difficilmente riparabili. L’impressione è che stia passando l’idea che il metro dell’appartenenza sia assoggettato, anziché ad un sentimento autentico di comunità, ad una serie di fattori, a partire dalla presenza o meno sul territorio di servizi pubblici, ospedali e via dicendo. Se non ho l’ospedale o i servizi sotto casa, per questo sono forse meno friulano o giuliano? Idea, dunque, non solo sbagliatissima, ma pericolosa, specialmente in un momento in cui la tensione sociale già molto forte andrebbe stemperata anziché esasperata. Più utile sarebbe, invece, cominciare a ragionare – anziché parlare di “scippi” – sui mali dei localismi troppo spinti che anche in Friuli Venezia Giulia si sono negli anni tradotti in sprechi e sperperi. Quante volte in nome della difesa del proprio campanile si sono costruiti doppioni e diramazioni finalizzate all’unico scopo del controllo politico del territorio? Come Cisl non crediamo sia questa la strada per salvaguardare il nostro territorio, largamente inteso, e di conseguenza la specialità. Non è certo moltiplicando le cliniche universitarie o le multi utility che ci sentiremo più corregionali. Ed è per questo, e non da oggi, che com Cisl chiediamo riforme vere a tutti i livelli, strutturali e non rattoppate, improntate ad una logica di risparmio, ma anche ad una dimensione glocal con cui anche il Friuli Venezia Giulia deve misurarsi. E ben venga che anche altri, magari tardivamente, si siano accorti della necessità di un patto civile e sociale per questa ragione, cosa che chiediamo da diversi anni a questa parte, convinti che solo un patto di questo tipo tra tutti i soggetti possa aiutare la regione ad essere più coesa e di conseguenza più forte rispetto alle sfide future. Gli anni che ci attendono saranno durissimi: la Finanziaria regionale, con i suoi ingenti tagli, è solo l’antipasto di quello che aspetta per almeno il prossimo decennio. Di fronte a questo scenario, demagogia e contrapposizioni territoriali vanno lasciate da parte, a favore di un confronto serio, univoco e di prospettiva. E’ chiaro che le identità come patrimonio collettivo vanno salvaguardate, ma le identità non possono diventare gli alibi di taluno per impedire alleanze necessarie. E così pure sulla specialità, basta guardare al passato; occorre capire quali sono oggi i motivi che ci spingono ad essere speciali, perché altrimenti avrebbe ragione chi dice che non vi sono più i presupposti per differenziare tra regioni ordinarie e non. L’auspicio è, dunque, che a questo sterile match venga posta fine e che anche la contesa elettorale, che è caduta in questo gioco perverso, cominci ad occuparsi finalmente di programmi reali e concreti. Pur nella dialettica democratica, come Cisl non vorremmo che l’agone politico diventasse ancora una volta un’arena dove tutto è lecito, perfino i colpi bassi, perfino schierare i territori l’uno contro l’altro. E’ da vent’anni che assistiamo a questo teatro e oggi ci aspettiamo una ritrovata sobrietà e un nuovo senso di responsabilità, altrimenti la politica sarà destinata a soccombere.

 

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