OPERAI SERTUBI: LA CITTA’ CI AIUTI
Si sposta in mezzo ai triestini la protesta della Sertubi. Un maxigazebo è stato innalzato in piazza della Borsa e vi rimarrà «finché la situazione non sarà risolta», e oggi sarà affiancato anche da un affollato presidio di operai nella vicina piazza Unità sotto la Prefettura in occasione di un nuovo confronto programmato nel Palazzo del governo per le 11. È improbabile però che stamattina assieme al prefetto, al sindaco Roberto Cosolini, all’assessore regionale Sandra Savino, ai segretari dei sindacati dei metalmeccanici e ai rappresentanti di fabbrica, si presenti anche Leonardo Montesi, amministratore delegato di Jindal Saw Italia, la società che ha affittato Sertubi, la quale ha chiesto di spostare la riunione di oggi a mercoledì prossimo. «Proposta irricevibile» per i lavoratori che hanno ripreso lo sciopero e che ora intendono trasformare la Sertubi, come hanno affermato ieri Franco Palman e Antoniò Rodà (Uilm) e Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl), nel caso sintomatico di come si stanno distruggendo l’industria e l’economia di Trieste. «L’effetto domino è pericolosamente innescato – hanno ammonito – dopo la Sertubi (dove da nove mesi è in corso la cassa integrazione) sarà la volta della Ferriera, quindi dell’indotto, successivamente di settori del commercio a propria volta colpiti dall’inesistente potere d’acquisto di migliaia di triestini». «Chiediamo a chi ha già perso il lavoro o rischia di perderlo di fermarsi al nostro gazebo e di unirsi a noi nella protesta – ha detto una dipendente – invitiamo i commercianti a esporre nei loro negozi una locandina che illustra la drammaticità della situazione». «Non ci muoveremo da questo gazebo, né smobiliteremo il presidio davanti all’azienda, finché la nostra situazione non sarà risolta», ha aggiunto un operaio. Paura e rabbia montano in tutta la categoria. «Proclameremo uno sciopero generale di tutti i metalmeccanici per l’inizio di ottobre – ha annunciato Palman – ma assieme alle segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil vogliamo anche ampliare le forme di lotta». Perché, come ha ricordato Salvaneschi, «il contributo dell’industria al Pil della provincia sta scendendo sotto il 10%, Trieste è la città con il più basso tasso di imprenditorialità in Italia e i progetti di riconversione non esistono. Anche se le amministrazioni locali sono finalmente sulla medesima linea, non hanno riempito di alcun contenuto il Protocollo d’intesa per la riconversione dell’area di Servola.» La Jindal intanto ha chiesto di spostare il confronto con i sindacati a mercoledì prossimo perché per la mattina di quel giorno è stato aggiornato il consiglio di amministrazione che si è riunito martedì a Milano e che doveva decidere sul futuro della Sertubi. In una nota però Leonardo Montesi a nome di Jindal ha sottolineato che «il programma degli investimenti previsti nel piano industriale sottoposto alle organizzazioni sindacali a luglio rimarrà sospeso fintantoché non sarà fatta la necessaria chiarezza sul futuro del business successivamente all’eventuale chiusura della Ferriera di Servola» e si annuncia anche che «l’azionista si rende disponibile per un incontro con le organizzazioni sindacali e le istituzioni non appena sarà fatta chiarezza sul futuro riservato all’area indutriale di Trieste.» «Non possiamo accettare – ha replicato Rodà – il continuo rimando alle sorti della Ferriera per quel che concerne presente e futuro di Sertubi. La Jindal deve chiarire le proprie intenzioni industriali perché per l’ennesima volta l’ad si è rimangiato le promesse fatte: la ripresa della produzione a ottobre, l’incontro con l’azionista, le integrazioni economiche per i lavoratori». «La Sertubi è stata costretta a rinunciare ad alcune commesse – ha aggiunto Salvaneschi – perché non ha più un parco di giacenze. E tutto ciò mentre arrivano tubi direttamente dall’India solo per le pitturazioni.» Per stamattina dalle 10 in poi è stata programmata un’assemblea pubblica alle quale sono invitati tutti i cittadini.