PORCIA NON CHIUDE, MA IL FUTURO E’ INCERTO
Pubblicato su Conquiste del Lavoro Chiusura scongiurata per Porcia, ma sono nell’immediato: dopo la riunione dell’altro giorno a Roma, quando l’azienda ha presentato alle parti sociali l’atteso “Piano B” per lo stabilimento della destra Tagliamento, in Friuli Venezia Giulia si tira un mezzo sospiro di sollievo. Già, mezzo, perché se da un lato Electrolux ha ritirato le previsioni funeste annunciate a gennaio nella riunione schock di Mestre, dall’altro lato – dati alla mano – non è chiaro quale sarà il destino del sito dopo il 2017. A fronte di un piano di investimenti di circa 32 milioni (dei 150 complessivi stanziati per tutti gli stabilimenti italiani del Gruppo), la multinazionale svedese ha messo sul tavolo una proiezione di volumi che mette in allarme la Fim Cisl pordenonese. E’ vero che Porcia – secondo i disegni di Electrolux – dovrebbe orientarsi sull’alta gamma sia di lavatrici, sia di lavasciuga, con la penetrazione di nuovi mercati come quello statunitense, ma è altrettanto vero che i grafici presentati mostrano nel giro di quattro anni una sensibile contrazione della produzione. Si passerebbe, infatti, dagli attuali 1,250 milioni di pezzi/anno ai 750mila del 2017 (con i passaggi intermedi di 1,050 milioni nel 2015 e 900mila l’anno successivo). Senza contare gli esuberi stimati: 300 a 6 ore, per salire a 450 con produzione a 8 ore, cui vanno sommati, in entrambi i casi, anche 18 impiegati. “Quello che ci preoccupa – sintetizza il segretario della Fim locale, Gianni Piccinin, dopo le prime assemblee – è questa discesa dei volumi: è, infatti, chiaro a tutti noi che al di sotto di certi numeri lo stabilimento di Porcia non è sostenibile. Non vorremmo che Electrolux ci stesse condannando ad una morte lenta. Non è per niente chiaro cosa ne sarà del nostro sito dopo il 2017”. Timori alimentati anche dal fatto che le circa 400mila lavatrici che mancherebbero all’appello (la differenza, cioè, tra le attuali prodotte e le 750mila “finali”) andrebbero ad essere fabbricate proprio in Polonia. “E’ vero – rincara Piccinin, traducendo anche le richieste delle Rsu e dei lavoratori – che per Porcia è prevista una sorta di riconversione sulla fascia alta, ma dovremmo anche puntare a trattenere tutta la produzione in Italia. Qual è insomma la trattativa che possiamo mettere in piedi per arrivare nel nostro stabilimento almeno alla produzione stabile di un milione di pezzi?”.
L’altra incognita riguarda poi il vincolo posto dall’azienda rispetto al Piano B, ovvero un impegno preciso dal parte del Governo – che attualmente non c’è – rispetto agli ammortizzatori sociali ed, in particolare, ai contratti di solidarietà, che dovrebbero salvaguardare anche il salario, a questo punto intoccabile, contrariamente a quanto sostenuto a gennaio scorso. “Va sicuramente apprezzato il cambio di rotta dell’azienda – spiega ancora il segretario della Fim – ma la strategia che abbiamo di fronte è a breve termine: a questo punto è necessario che anche le Istituzioni e la Regione Friuli Venezia Giulia spingano per avere precise garanzie, anche a fronte del proprio impegno economico e finanziario messo sul tavolo e che rimane imprescindibile per la fattibilità del piano aziendale”. E tutto questo mentre il nodo da sciogliere oggi è quello del blocco delle merci con Electrolux che chiede ai Sindacati lo smantellamento del presidio e la fuoriuscita delle merci dal magazzino. Richiesta al vaglio di Fim, Fiom e Uilm. “Penso – anticipa Piccinin – che il presidio debba rimanere, ma che qualcosa vada riconosciuto all’azienda di fronte alla sua apertura”. E probabile, dunque, che il numero di camion in uscita da Porcia – attualmente venti, per circa 5mila pezzi – possa nei prossimi giorni subire un incremento, a copertura delle commesse che l’azienda deve onorare.
Ufficio stampa Cisl FVG