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Rimettere al centro la dignità del lavoro

di AUGUSTO SALVADOR
SEGRETARIO DELLA FEMCA-CISL DI UDINE

La recente visita dell’Arcivescovo Mazzocato ai lavoratori delle aziende insediate nel polo chimico di Torviscosa testimonia come le vicende e le problematiche del lavoro in crisi e delle loro famiglie tocchino da vicino la Chiesa e la Comunità.
Le parole di mons. Mazzocato hanno ridato speranza ai lavoratori e indicato la strada alle imprese per valorizzare, assieme agli investimenti economici e finanziari, il capitale umano (lavoratori) e sociale (Comunità e ambiente) che va salvaguardato, promosso e realizzato. Il lavoro quindi come strumentodi dignità, come veicolo potente per l’emancipazione e la piena realizzazione (anche spirituale e valoriale) dell’uomo.
La nostra è diventata una società debole e fragile in ordine ai singoli individui rendendoli da un lato soli «in mezzo a tanta gente» e dall’altro omologandoli attraverso una robusta azione mass-mediatica, illudendoli di essere «tutti uguali».
Sembra paradossale, ma l’utilizzo dei media (televisione e internet) per «plasmare» i nuovi stili di vita è di una potenza e di un’arroganza tale da far ricordare i totalitarismi ideologici del secolo appena trascorso: è evidente che il comunismo, che appiattisce tutti i cittadini spersonalizzandoli, e i fascismi, che tendono all’eliminazione dei diversi, offrono inquietanti similitudini all’odierno L’enciclica di Benedetto XVI «Caritas in veritate» esorta all’attenzione e alla vigilanza La società degli umani non può e non deve perseverare nel praticare la strada dell’eccesso, dell’onnipotenza che deriva dal denaro facile e guadagnato male, della mercificazione dei corpi e di quello che una volta chiamavamo «amore» e che nel testo della lettera enciclica ritroviamo in pieno nella parola «caritas», concetto fondamentale che troverà o ritroverà piena attuazione solo se coniugata assieme alla Verità e alla Giustizia.
Parole importanti quelle dell’Arcivescovo di Udine che non ha risparmiato forti e vibranti raccomandazioni ai management delle società industriali presenti all’assemblea e artefici della rinascita produttiva di questo importante polo chimico. Indicazioni accolte in pieno dai responsabili delle imprese che non hanno nascosto il loro positivo stupore nel riconoscere al nostro territorio «pulizia, onestà, voglia di lavorare con responsabilità e operosità».
Di questo i friulani possono essere orgogliosi perché significa che è ancora possibile investire risorse economiche e industriali finalizzandole al successo non solo economico, ma anche dimostrando nei fatti la responsabilità sociale dell’impresa
Nel seguente passo dell’Enciclica si possono riassumere le istanze fondative del vivere in collettività che l’Arcivescovo ha voluto sostanziare nell’incontro con sindacato e lavoratori: «Impegnarsi per il bene comune è prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dall’altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di pólis, di città.
Si ama tanto più efficacemente il prossimo, quanto più ci si adopera per un bene comune rispondente anche ai suoi reali bisogni».
Se sapranno agire in tal senso, imprese e lavoratori avranno un ruolo decisivo nel percorso di crescita sociale della comunità che possiamo chiamare la comunità del lavoro. Una parola, «lavoro», che racchiude in sé la dignità dell’uomo e, come ha affermato il Commissario straordinario della Snia-Caffaro, avv. Cappelletto, la dignità delle sue opere, la sua capacità di crescere i figli e di essere per loro esempi positivi, anche nel sacrificio del quotidiano e nelle sofferenze che la vita purtroppo presenta.
Il lavoro quindi come attività del «fare e del creare». Lavoro che non può coincidere totalmente con il mondo effimero e luccicante dei salotti televisivi, delle festicciole in barca a vela o peggio, dell’illudere i giovani di rimanere tali per sempre ingannando e corrompendo, offrendo soluzioni troppo facili alle domande difficili che pone la nostra esistenza. Questioni che non potranno essere evitate e alle quali, in assenza di valori veri e forti, ci si trova nell’impossibilità di dare risposte credibili.
Da questo punto di vista, c’è un utilizzo criminale del lavoro. E purtroppo le cronache non ci risparmiano le quotidiane aberranti situazioni che tanti e tante giovani sono costretti in qualche modo a subire, per non parlare delle opinioni dilaganti sulla liceità dello scambio a tutti i costi e a tutti i livelli, anche quelli più intimi e discreti che la persona vorrebbe e dovrebbe custodire e tutelare.

L’assemblea con l’Arcivescovo è stata davvero un’occasione per «pensare» e per ricaricarsi moralmente e intellettualmente sul ruolo importante che imprese e lavoratori hanno e dovranno avere in futuro. La responsabilità sociale dell’impresa non può essere rivendicata e basta, deve invece fare il paio con la responsabilità individuale dei singoli individui. Non ci si può nascondere dietro a un’ideologia (sia politica che di sistema) per delegare le personali e individuali responsabilità. Nascondersi dietro a falsi stili di vita sancisce ancora una volta l’assenza di protagonismo del singolo individuo, omologato e relegato in un individualismo arido e privo di valori, al quale non possiamo rassegnarci.