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SCIOPERO SULL’ART. 18, POCHE ADESIONI IN FRIULI

Non si placa la polemica tra Cgil e Cisl dopo lo sciopero di 2 ore organizzato in alcune fabbriche metalmeccaniche. Per la Fiom la partecipazione, che in alcuni casi avrebbe anche superato la soglia del 50%, «è sintomatica di un malessere diffuso dei lavoratori di fronte a una riforma del lavoro che rischia di far lievitare il numero dei licenziamenti». Di tutt’altro avviso la Cisl che ha diffuso una nota dove dice: «Ecco la partecipazione reale allo sciopero organizzato dalla Fiom: zero alla Mangiarotti che ha 120 dipendenti, nessuno alla Rhoss (300) e anche all’Abs (900), alla Metinvest trametal (200), al gruppo Bosch (400), alla Modul block (130) e pure alla Palini e Bertoli (250), alla Marcegaglia (100) e alla Forges (50)». Alla Raco invece, sempre per la Cisl, i lavoratori che non hanno lavorato sarebbero stati 3 su circa 300, alle Oru 14 su 260, al gruppo Cividale il 3% sugli oltre 300 operai e alla De Longhi e alla Faber il 30% (entrambe hanno più di 300 dipendenti). Non solo. Nelle altre 200 aziende in cui è presente la Fim nessun lavoratore avrebbe aderito. Ecco perché la Cisl parla di un’iniziativa che ha interessato pochissimi lavoratori e invita la Cgil a non voler «strumentalizzare i dati». Il segretario generale della Fim Cisl, Sergio Drescig, ribadisce «che lo sciopero è lo strumento per ottenere un qualche risultato e non esso stesso il fine, bensì, per l’appunto, il mezzo. L’abuso e il cattivo uso dello sciopero lo riduce da importante strumento sindacale a momento folcloristico, depotenziandone l’efficacia. Troppe volte abbiamo visto la Fiom dichiarare iniziative di lotta che sono costate care ai lavoratori, i quali, in buona fede vi hanno aderito senza portare a casa nulla. Per esempio – conclude il sindacalista – sono stati addirittura 3 i contratti nazionali che la Fim, senza la Fiom, è riuscita a siglare per tutti i metalmeccanici, anche quelli iscritti alla Fiom. Stiamo ancora aspettando i contratti “migliori” promessi dalla Fiom Cgil. Questo è un concreto esempio di come il meglio spesso sia nemico del bene». A spiegare qual è il “bene” della riforma è intervenuto il segretario Cisl, Roberto Muradore. L’unica criticità evidenziata riguarda l’eliminazione della possibilità di reintegro del lavoratore licenziato per ragioni economiche. «Ma grazie alla trattativa – aggiunge lo stesso Muradore – l’articolo 18 c’è ancora»