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Smarrimento del fine e perdita di senso

di Roberto Muradore, Segretario generale UST CISL Udinese e Bassa Friulana

Gli ultimi avvenimenti riguardanti il nostro presidente del Consiglio impongono, al netto della pur importante attualità giudiziaria e politica, una riflessione su un tema ineludibile e cioè se la politica, la società e l’economia debbano rispondere anche all’etica. Argomento, questo, da trattare certamente con cautela, ma anche con urgente determinazione. Nel 1989 quando, dopo il trionfo dell’Occidente con la sua democrazia e il suo mercato, si enunciò la fine della Storia c’erano già i prodromi di un declino sociale e morale. La società e l’economia, infatti, stavano perdendo il senso della misura e del limite trasformandosi in una “cornucopia permissiva”, nella quale tutto si rende lecito e possibile e il meglio è rinvenibile nel più.
Ed è proprio nel di più a ogni costo, anche a danno dell’altro e dell’ambiente, che si annida la perdita dei legami e dell’obbligo di rispondere di ciò che si fa, quindi della responsabilità. La persona si fa individuo, non più soggetto capace di relazioni e di percorsi comuni, monade egoista e avida che, per il proprio tornaconto immediato, non esita a distruggere l’ecosistema e a pregiudicare il futuro delle generazioni che verranno. Questo, assieme al crollo delle ideologie e all’affievolirsi del sentimento religioso, ha causato la perdita di senso e lo smarrimento del fine, con la conseguente incapacità di creare un progetto etico condiviso e concretizzato in un sistema di valori sociali.
È paradossale, ma con la vittoria dell’Occidente si sono, almeno parzialmente, eclissati proprio i suoi grandi riferimenti culturali e valoriali quali il cristianesimo, l’umanesimo, l’illuminismo, il liberalismo, il socialismo eccetera. Oggi dobbiamo amaramente registrare da una parte l’opulenza privata, la ricchezza individuale e, dall’altra, la povertà sociale e lo squallore pubblico. Non è decisamente un bel vedere. L’interesse individuale ha il primato sul bene comune. L’autorealizzazione individuale fine a se stessa fa sì che non siano più attrattive le cause collettive, ma contino soltanto le proprie singole condizioni materiali e anche gli stessi diritti sociali paiono meno interessanti di quelli individuali.
C’è stata attenzione per i diritti civili, peraltro sacrosanti e in parte ancora da conquistare, ma anche oblio dei diritti sociali, soltanto ultimamente riconsiderati anche se purtroppo utilizzati nella polemica e nella propaganda politica e sindacale. Nel caso Fiat, per esempio, si è giunti a confondere, volontariamente o per ignoranza, i principi con il diritto, il diritto naturale con quello positivo, il diritto con la tutela contrattuale, parlando a vanvera di Costituzione e di diritti indisponibili! Nessun rimpianto di oppressivi collettivismi o di coercitive visioni religiose, ma è impensabile restare nel vuoto del “tutto si può ed è lecito”. Nessuna certezza assoluta e tetragona, ma neppure il pensiero pret à porter. Pensiero debole, sì.
Approccio laico, va bene. Non è, però, accettabile la mancanza di pensiero e di riferimenti, che pur ci sono, e la laida, non laica, accettazione di qualsiasi cosa. Siamo giunti a quella che Erri De Luca definisce la società del porcospino: «Il porcospino è un animale che non spiega ai propri figli quello che devono mangiare, fa mangiare loro di tutto, le porcherie e le prelibatezze. Ogni porcospino così si procura una sua dieta e questo lo ha reso particolarmente resistente ai veleni e ai tossici. Però non è in grado di distinguere.
La nostra è una società del porcospino, perché ha smesso di distinguere tra i propri valori: le sembrano tutti accettabili, tutti compatibili». Basta con il si può tutto, senza limiti, perché ciò porta i comuni mortali a ridursi ad acritici consumatori e i potenti a diventare pre-potenti. Finisca l’eccesso, inizi la sobrietà, a partire da chi ricopre ruoli pubblici. I gruppi dirigenti hanno il dovere di essere d’esempio e di svolgere una convinta azione pedagogica di ri-orientamento culturale e valoriale.
E infine. Da troppo tempo la politica e l’economia hanno fatto a meno del pensiero e dell’etica, limitandosi a gestire il presente, attente, in modo bieco, solo al massimo vantaggio elettorale e al massimo profitto immediati. Venga assunto il principio di responsabilità e si riprenda a immaginare e prefigurare il futuro, un futuro possibile e migliore.