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SWEET, CHIUDE LA STORIA AZIENDA DI OVETTI

Dopo quasi vent’anni di attività chiude la Sweet di Sant’Andrea, in provincia di Gorizia. Una chiusura non certo indolore per il territorio, segnata dal fallimento dichiarato le scorse settimane, che lascia a casa 53 dipendenti, per la maggior parte giovani, di cui 33 donne. E’ questo il triste epilogo di una storia imprenditoriale nata nel lontano 1994 e che aveva portato l’azienda a conquistarsi un posto d’onore in Europa tra i produttori di ovetti di cioccolato con sorpresa. La Sweet, infatti, per lungo tempo è stata la seconda azienda, dopo Ferrero, del suo segmento di mercato dolciario, fatturando già nel 2007 11 milioni di euro ed arrivando ad una produzione di 600mila ovetti al giorno. Rivolta soprattutto verso il mercato internazionale, ma attenta anche alle “mode” made in Italy (così le sorprese con i personaggi di Geronimo Stilton), la Sweet, da sempre impegnata nella produzione di ovetti per conto terzi, firma, in realtà l’inizio del declino già nel 2008. “A mio parere – spiega la segretaria della Fai Cisl di Trieste Gorizia, Michela Marson – la decisione di staccarsi dalla Dolci Preziosi sulla base della convinzione di avere un prodotto in grado di reggere la concorrenza della Kinder è stato un errore strategico che ha portato l’azienda ad anni di sofferenza prima del fallimento di questi giorni, seguito al diniego del concordato preventivo”. Progressivamente il fatturato è andato assottigliandosi, passando dagli 8 milioni dei primi nove mesi del 2011 ai 6 dell’analogo periodo 2013. “La situazione – commenta ancora Marson – vede oggi 53 persone senza lavoro, che con le loro competenze assolutamente settoriali, dovranno ricostruirsi una vita professionale nuova”. Intanto i primi giorni di agosto è stata sottoscritta un’integrazione alla cassa integrazione straordinaria, attivata dal 29 marzo 2013 ed ora stesa per 12 mesi. “In questo modo – spiega la segretaria della Fai Cisl – abbiamo scongiurato, malgrado il fallimento, la mobilità dei dipendenti, tenuto anche conto che si tratta di persone tutte molto giovani, lontane dai requisiti della pensione e del pre-pensionamento”. Un accordo raggiunto sotto l’ombrello del curatore, sulla cui scrivania però non sono ancora arrivate dichiarazioni formali d’interesse da parte di imprenditori. “Oggi come oggi – confida Marson, non nascondendo rabbia e tristezza – non riesco a vedere il bicchiere mezzo pieno; mi chiedo chi arriverà a Gorizia, a cosa sarà interessato, a tutto o solo ad una parte dell’attività?”. Resta, però, il fatto che la Sweet può ancora essere appetibile, non solo per la sua storia passata, ma anche perché conta su uno stabilimento nuovo, a norma, su cui sono stati fatti nel tempo considerevoli investimenti. “Il mio auspicio – rivela Marson – è che arrivi qualcuno che sia realmente interessato all’intero pacchetto e che al contempo sappia salvaguardare, cosa che è mancata, il rapporto con il territorio, stando però al passo con i tempi”. Non è da meno, poi, la preoccupazione a tutto tondo. “Finora – conclude la segretaria della Fai Cisl – il settore agroalimentare era stato tutto sommato risparmiato dalla crisi: oggi iniziamo a perdere pezzi importanti e questo sicuramente non è un buon segnale per l’economia ed il territorio”.

Ufficio stampa Cisl Fvg