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TERREMOTO FRIULI, LEZIONE ANCORA STRAORDINARIA

Intervento del Segretario generale, Giovanni Fania
A 39 anni dalla tragedia del terremoto, quello che è stato definito “modello Friuli” continua ad essere un esempio straordinario ed attuale di determinazione e solidarietà.

Le ragioni che spingono a ricordare in modo così vivido la capacità di un popolo di rialzarsi collettivamente dinnanzi ad un dramma umano e materiale pesantissimo vanno senz’altro ricercate in un insieme di fattori eccezionali, e forse irripetibili. Da un lato, un senso di responsabilità ed appartenenza verso la propria terra molto radicato, dall’altro, la piena consapevolezza di quello che si sarebbe voluto essere, ovvero un’immagine nitida di un nuovo Friuli tutto da ricostruire sulla base di valori consolidati e di ambizioni inedite. Come a dire, cuore e intelligenza, ferma volontà di ricostruire pezzo dopo pezzo sulle e dalle macerie – Venzone ne è l’esempio – guardando però al domani, ad un futuro di ricchezza e prosperità.
Per raggiungere un obiettivo così lungimirante, un ruolo fondamentale è stato giocato innanzitutto dalla specialità del Friuli Venezia Giulia, da un’autonomia regionale da sempre vera e concreta, che ha consentito scelte straordinarie e facilitato operazioni immani di ricostruzione. E’ in questa occasione che la specialità – oggi dal governo centrale messa in discussione in modo irragionevole ed acritico – si è rivelata, più che in passato, sinonimo di virtuosità, di buon agire, di gestione oculata e trasparente. Un’eredità conservata dalle generazioni successive tanto che ancora oggi il Friuli Venezia Giulia, a differenza di altri territori, ha saputo mantenere ben salde – pur in un quadro storico e geografico parzialmente mutato – le ragioni della specialità e le sue vocazioni, ed allontanare  quell’idea di privilegio su cui oggi si vuol puntare il dito.
Al pari dell’autonomia e della solidarietà economica nazionale ottenuta in seguito al tragico evento del terremoto – vantaggi fiscali, deroghe e strumenti di aiuto – è stata la fortissima determinazione della gente a permettere una ricostruzione duratura. La mobilitazione collettiva, che ha visto in prima linea anche i Sindacati, impegnati attivamente nelle tendopoli con i loro delegati e rappresentanti, ha portato a scelte inedite, assolutamente nuove e mai né praticate né replicate altrove. Così, la decisione, quasi rivoluzionaria, di ricostruire prima le fabbriche delle case, con la certezza condivisa che la ripartenza sarebbe stata garantita soltanto dal lavoro. In questo modo il Friuli, da terra notoriamente operosa, ma storicamente d’emigrazione si è trasformato, agganciandosi al ricco NordEst e divenendo nel giro di pochi anni un punto di immigrazione, un’isola felice dove prosperare e crescere. Quello che è stato chiaro fin da subito alla politica e alla gente che aveva perso tutto o quasi, è che la società si sarebbe potuta ricostruire solo attraverso il lavoro, senz’altro leva economica fondamentale, ma soprattutto fattore aggregante di una comunità.  Il senso di responsabilità e la capacità di visione – alimentata da una fortissima coesione e concertazione sociale – hanno portato le persone comuni, orientate da una saggia politica, a sacrificare la ricostruzione delle proprie case, almeno in un primo momento, in favore di un bene collettivo e più ampio.  Una scelta di campo in aperto contrasto con gli egoismi della natura umana. Ed è per queste ragioni che la lezione offerta dal Friuli è ancora viva e sorprendente. Di qui la proposta della Cisl a Cgil e Uil di organizzare – per il prossimo anno, in occasione del 40° anniversario – una manifestazione unitaria a carattere nazionale, invitando i tre segretari generali confederali, per riflettere ancora una volta su come attraverso la consapevolezza, la responsabilità e la coesione anche le tragedie più immani possono essere superate e sconfitte.