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TERREMOTO FRIULI, UNA LEZIONE LUNGA 40 ANNI

A 40 anni dalla tragedia del terremoto, quello che è stato definito il “modello Friuli” continua ad essere un esempio straordinario ed attuale di determinazione e solidarietà, reso possibile da un insieme di fattori eccezionali, e forse irripetibili. Da un lato, un senso di responsabilità ed appartenenza verso la propria terra molto radicato, dall’altro, la lucida visione di un territorio da ricostruire sulla base di valori consolidati e di ambizioni inedite. Come a dire, cuore e intelligenza, ferma volontà di ricostruire pezzo dopo pezzo sulle e dalle macerie – Venzone ne è l’esempio – guardando però non solo all’emergenza, ma ad un futuro di sviluppo e di occupazione.
Per raggiungere un obiettivo così lungimirante, un ruolo fondamentale è stato giocato innanzitutto da un’autonomia regionale da sempre solida e concreta, che ha consentito scelte straordinarie e facilitato operazioni immani di ricostruzione. E’ soprattutto in questa occasione che la specialità – oggi dal governo centrale messa in discussione in modo irragionevole ed acritico – si è rivelata sinonimo di corretta amministrazione, di gestione oculata e trasparente. Un'eredità conservata dalle generazioni successive tanto che ancora oggi il Friuli Venezia Giulia ha saputo mantenere ben salde – pur in un quadro storico e geografico parzialmente mutato – le ragioni della specialità e le sue vocazioni ed allontanare  quell'idea di privilegio su cui oggi si vuol puntare il dito.
Al pari dell'autonomia e della solidarietà economica nazionale ottenuta in seguito al tragico evento del terremoto è stata la fortissima determinazione delle persone a permettere una ricostruzione duratura. La mobilitazione collettiva, che ha riguardato tutta la Regione, calamitando anche dalle altre province un imponente flusso di volontariato, ha visto in prima linea Cgil, Cisl e Uil, impegnati attivamente nelle tendopoli con i loro delegati e rappresentanti ed ha portato a scelte inedite, rafforzate da una condivisa cultura della legalità. Prima tra queste la decisione, quasi rivoluzionaria, di ricostruire immediatamente le fabbriche, con la certezza condivisa che la ripartenza sarebbe stata garantita soltanto dal lavoro. In questo modo il Friuli, da terra notoriamente operosa, ma storicamente d'emigrazione si è trasformato, un territorio attrattivo dove è possibile prosperare e crescere. Non tutto è stato semplice e lineare: in particolare, il Sindacato si è sempre battuto per un rilancio mirato e programmato dell’economia e della produzione, contrastando qualsiasi forma di impiego indifferenziato delle risorse. Ma quello che è stato chiaro fin da subito alla politica, al Sindacato e alle persone che avevano perso tutto o quasi, è che anche il tessuto sociale si sarebbe potuto ricostruire solo attraverso il lavoro, indispensabile fattore aggregante di una comunità oltre che  leva economica fondamentale.  Il senso di responsabilità e la capacità di visione – alimentata da una fortissima coesione e concertazione sociale – hanno portato le persone comuni a sacrificare la ricostruzione delle proprie case, almeno in un primo momento, in favore di un bene collettivo e più ampio. Ed è per queste ragioni che la lezione offerta dal Friuli è ancora viva e sorprendente. Di qui la scelta di organizzare per il 26 aprile prossimo una giornata di riflessione e ricordo con i nostri tre segretari generali, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo. Un’occasione per riflettere ancora una volta su come attraverso, la responsabilità, la coesione e il lavoro, anche le grandi tragedie possono essere superate e su come il Sindacato, ieri come oggi, continui ad essere una presenza indispensabile, in prima linea per la tutela e i diritti del lavoro.
 
Franco Belci, Giovanni Fania, Giacinto Menis
Segretari Generali Cgil, Cisl, Uil Friuli Venezia Giulia