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TRIESTE, SISTEMA IDRICO COLABRODO, EPPURE SCHIZZANO GLI UTILI PER L’AZIENDA

Focus della Femca Cisl sul sistema idrico integrato di Trieste. Per il segretario Papagni: “Gestione scandalosa: ora serve una multiutility regionale a totale controllo pubblico” 

Un acquedotto che è un colabrodo, le tariffe più alte del Friuli Venezia Giulia (+12% sulle bollette), un organico sempre più risicato, a fronte di ricavi in crescita, che però non vengono investiti sul territorio: sono questi i punti più critici del sistema idrico integrato di Trieste, che – a detta della Femca Cisl – fa acqua da tutte le parti. Ed è proprio il Sindacato – nella città alabardata, con un convegno dal titolo “Acqua bene comune o bene economico?” – ad accendere i riflettori su di una situazione pesantissima per i lavoratori e i consumatori, a due anni dalla scadenza (nel 2027) della convenzione che lega la fornitura erogata dal gruppo Hera al territorio giuliano. “Siamo davanti ad un caso emblematico – spiega per la Femca Cisl, Marcantonio Papagni – ovvero quello della trasformazione di una importante multiutility pubblica in una società privata i cui processi di privatizzazione e di finanziarizzazione dei servizi essenziali, orientati esclusivamente al profitto e utili solo a ripagare gli azionisti, hanno contribuito ad allontanare sempre più le scelte decisive dalle mani dei comuni e dalla qualità della vita dei cittadini”.

Da storia gloriosa a storia scandalosa A raccontare il declino di una storia gloriosa, iniziata addirittura nel 1864 con la nascita, proprio a Trieste, della prima municipalizzata per l’erogazione del gas e poi dell’energia elettrica, seguita dall’istituzione del servizio comunale acquedotti nel 1910, sono alcuni dati che ben esprimono la gravità del contesto. Confrontando i numeri al momento dell’entrata del Gruppo Hera in AcegasAps, nel 2013, con quelli attuali, il cambio di prospettiva e di destino appare subito evidente. I dipendenti su Trieste sono passati da un migliaio a 700, ma i ricavi nel ciclo idrico di AcegasApsAmga si sono incrementati, a parità di acqua venduta, di oltre il 60%, passando da 108 milioni di euro a 165 milioni. La rete, inoltre, è sempre più compromessa. Nel 2012, l’acqua prelevata risultava di poco superiore ai 50 milioni di metri cubi con una perdita nella rete pari a 44,5%. Oggi, anche a causa della vetustà della infrastruttura, su circa 48 milioni di metri cubi prelevati su base annua ne vengono fatturati circa 25 milioni. Quasi la metà viene dispersa nella rete. Una rete che presenta ancora per il 25% tubature in ghisa e con alcune tratte che risalgono al 1929. Nel sistema classificatorio di Arera,  AgegasApsAmga è collocata nella fascia D, la penultima nella scala di merito. “Le recenti rotture della rete – commenta Papagni – confermano come l’intera rete idrica del territorio di Trieste versi, oramai, in uno stato di continua emergenza che necessita di un piano di sostituzione delle condotte non più rinviabile. La verità, purtroppo, è che non esiste una programmazione che vada oltre gli interventi straordinari su rotture”.

Il distacco dal territorio Ma – sempre per la Femca Cisl – c’è di più: così le promesse mancate che oggi pesano terribilmente, se si considera che nel tempo sono venuti meno tutti gli impegni presi dalla proprietà e dall’azienda, a seguito dell’aggregazione Hera-AcegasAps, a partire dai miglioramenti nella capacità di investimento nelle infrastrutture, nella qualità ed efficacia del servizio a rete, ma anche la volontà di promuovere la qualità della vita delle comunità servite, concorrendo alla ridistribuzione delle risorse sul territorio, implementando l’occupazione e la sicurezza, migliorando le professionalità e diritti dei lavoratori nonché riducendo le tariffe per i cittadini e le famiglie disagiate. Ad essere disattesa è poi la garanzia di mantenere, nella logica di rafforzare il legame con il territorio, la maggioranza assoluta della mano pubblica pari almeno al 51%. “Peccato – incalza ancora Papagni – che nel tempo il Gruppo Hera sia diventato la prima società, tra quelle quotate in borsa, ad aver portato il capitale pubblico sotto il 51%. Nessuno si era mai spinto a tanto: in questo modo si è tolta definitivamente dai territori la gestione dei servizi pubblici locali, consegnando il patrimonio gestionale ed organizzativo, la dotazione infrastrutturale, il potere e il controllo sui processi al mercato ed al sistema finanziario”. Le conseguenze – punta il dito la Femca – sono scontate: riorganizzazione aziendale in un’ottica di mercato e di forte riduzione dei costi; accentramento e verticalizzazioni delle strutture commerciali, chiusure di sportelli, di sedi e di attività operative sul territorio con un considerevole incremento degli appalti e del dumping contrattuale, con una conseguente riduzione degli organici. “Naturalmente per assicurare il mantenimento dei nuovi investitori (compresi USA e Inghilterra) non sorprende che il nuovo piano industriale di Hera preveda di raggiungere i 16 centesimi di euro al 2027”.

Investimenti e bollette Altro punto dolente – per il Sindacato – è quello degli investimenti, che risultano scarsi e comunque inferiori rispetto a quelli sostenuti da alcune società in house del Fvg. Nel frattempo, grazie alle perdite e ad una rete inefficiente, la cittadinanza – denuncia la Femca Cisl – si trova a pagare una bolletta che figura essere tra le più alte d’Italia. Secondo i dati provenienti dall’osservatorio prezzi e tariffe di cittadinanza attiva, si va dai 606 euro di Trieste, nel silenzio di politica e istituzioni, ai 341 euro di Udine. A Gorizia si spendono 473 euro e a Pordenone 370 euro. “Ed è così – incalza Papagni – che, mentre i sei gestori pubblici della nostra regione, reimpiegano gli utili operativi netti all’interno delle proprie società, con l’intento di garantire gli investimenti e abbassare le tariffe, la multiservizi privata, AcegasApsAmga, li destina interamente in dividendi per gli azionisti del gruppo Hera: si stimano, in dieci anni, circa 300 milioni. Restano, invece, senza risposta altre domande chiave: quanti chilometri di rete sono stati sostituiti negli ultimi dieci anni? A quanto ammonta l’organico effettivo? Quali sono gli appalti che ruotano attorno al sistema idrico?”.

La perdita del lavoro Tale gestione, assieme alla politica delle esternalizzazioni, si è, infine, abbattuta anche sull’occupazione, perdendo in dieci anni circa 300 posti di lavoro. Dalle analisi comparate riferite agli esercizi 2012/2021 emerge che in AcegasApsAmga sono stati persi 248 posti di lavoro a tempo indeterminato, per il 98% appartenenti alla categoria degli operai. Non sorprende, quindi, se nei recenti e scarni dati forniti da AcegasApsAmga la categoria degli operai risulti ormai ridotta al 24% dell’organico complessivo, esattamente la metà di quelli presenti, invece, presso i gestori pubblici della nostra regione. Riflessi negativi anche sulle retribuzioni: AcegasApsAmga, risulta, infatti, l’unica realtà del gruppo Hera che, rifiutandosi di applicare un accordo sui buoni pasto, sottoscritto con le Rsu nel 2022, ha fatto perdere ai lavoratori circa 1.000 euro, risparmiando così una cifra di circa 650 mila euro.

Il gestore unico Di qui l’auspicio che anche Trieste sappia cogliere, a scadenza della convenzione in essere al 2027, la possibilità di poter nuovamente avere una azienda di cittadini al servizio dei cittadini. “Come Femca Cisl – sottolinea il segretario generale Franco Rizzo – abbiamo evidenziato la necessità di superare l’attuale eccessiva frammentazione del settore acqua, con la costituzione di un gestore unico che si realizzi con la creazione di una multiutility regionale a totale controllo pubblico a partire dall’acqua, per poi allargare l’influenza a tutti i servizi pubblici essenziali. Proposta condivisa dal presidente Fedriga e che ha incassato il via libera di tutti i partiti politici e che la settimana scorsa ha visto l’approvazione in Consiglio Regionale di un ordine del giorno a tema, sulla facilitazione dei processi aggregativi e di fusione”.

Al convegno sono intervenuti: Serena Tonel, vicesindaco Comune di Trieste, Francesco Russo, consigliere regionale PD, Paolo Menis, coordinatore provinciale M5S e Riccardo Laterza, consigliere Comune di Trieste. Ha aperto i lavori, la coordinatrice della Cisl di Trieste Gorizia, Michela Anastasio, mentre le conclusioni sono state affidate al segretario regionale Cisl Fvg, Cristiano Pizzo.