UNIVERSITA’ TRIESTE, SINDACATI CONTRO LA RIORGANIZZAZIONE
In questi giorni la Direzione dell’Università degli Studi di Trieste, con proprio apposito Decreto, ha disposto una riorganizzazione generale delle strutture universitarie centrali e dipartimentali, basata sostanzialmente sul trasferimento di alcuni dipendenti, su una diversa definizione delle funzioni e delle competenze assegnate alle strutture nonché su una diversa articolazione delle strutture stesse.
Le suddette Organizzazioni Sindacali ritengono che detta micro–organizzazione:
- non arrechi alcun vantaggio all’utenza;
- non determini un significativo risparmio economico;
- non valorizzi la professionalità delle risorse interne.
I soggetti sindacali, pur essendo favorevoli a ridisegnare l’organizzazione del lavoro del Personale e delle strutture universitarie se ciò contribuisce a migliorarne l’efficienza, sono fortemente critici sia sul metodo del percorso seguito, sia nel merito.
Nel merito si evidenziano i seguenti punti:
Interessi dell’utenza
Nulla induce a pensare che gli studenti, e in generale l’utenza, avranno migliori servizi.
Sostanzialmente, a parte un cambio di nome, le strutture sono le stesse e anche i servizi offerti.
Valorizzazione delle risorse umane
Vi è una scarsissima valorizzazione della professionalità del Personale tecnico-amministrativo mancando un preciso e costante programma di aggiornamento dello stesso, con inevitabili ripercussioni sulle competenze e sulla flessibilità delle conoscenze. Al contempo, l’Ateneo spende milioni di euro per consulenze e collaborazioni esterne (dati visibili nel sito dell’Università di Trieste, come previsto dal Decreto Legislativo 14 marzo 2013 n. 33).
Risorse economico-finanziarie
Risulta evidente una scarsa visione a lungo termine, mancando un chiaro investimento di risorse economiche per le strutture tecnologiche e informatiche. L’Ateneo gestisce in modo poco adeguato i finanziamenti che giungono da imprese private, consorzi e altri soggetti esterni. In tal modo si riducono le possibilità di investimenti aggiuntivi nella didattica e nella ricerca di base.
La cittadinanza, che pure finanzia le Università statali attraverso il pagamento delle imposte, meriterebbe maggior rispetto.
Nel metodo si segnala che:
Al contrario di quanto deve essere fatto, secondo le vigenti leggi e regolamenti, in moltissimi casi il personale ha appreso, solo a fatto compiuto, di essere stato assegnato ad altro ufficio, senza che gli siano state esplicitate motivazioni e obiettivi.
Alcuni non sapevano se dovessero continuare a recarsi nella struttura d’origine oppure insediarsi immediatamente nella nuova e neppure se avessero dovuto provvedere al passaggio delle consegne e se sì in quali termini.
In alcuni casi il trasferimento del personale e\o il cambiamento delle competenze dell’ufficio non è stato preventivamente e adeguatamente condiviso con i responsabili, funzionari o professori universitari direttori di dipartimento, con le immaginabili ripercussioni sull’efficienza della struttura.
In sintesi, la nuova organizzazione voluta dalla dirigenza non affronta i veri “nodi” organizzativi e rischia di rivelarsi come un mosaico le cui tessere, disposte confusamente, non determinano alcun disegno.
Si desidera sottolineare che l’atteggiamento di questa Amministrazione manifesta un preoccupante e ingiustificabile disprezzo per ogni buona regola di civile convivenza all’interno della comunità universitaria ed una grave mancanza di rispetto verso quanti, a prescindere dal ruolo ricoperto, negli anni hanno dimostrato di comportarsi con onestà e correttezza contribuendo all’efficienza di questa Università.
Per queste ragioni, i soggetti sindacali propongono al Consiglio di amministrazione e al Rettore di avviare un approfondito confronto con tutte le parti interessate, sospendendo l’esecutività dell’atto dirigenziale.