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USARE IL CRITERIO DEL MERITO PER L’UNIVERSITA’ DI UDINE

di ROBERTO MURADORE
Furono davvero bravi e lungimiranti quanti, nel 1976, raccolsero le firme per la “legge d’iniziativa popolare” che portò, nel 1978, all’istituzione della Università di Udine. Erano sufficienti 50mila firme, ne raccolsero 125mila. E l’Università di Udine (si scrive Udine, si legge Friuli, come ora è stata ridenominata) nacque anche con lo «scopo di contribuire al progresso civile, sociale e alla rinascita economica del Friuli». Didattica, ricerca e, di più, promozione del territorio le sue missioni. Dopo 30 anni, nel 2008, le istituzioni civili e religiose, le associazioni sociali ed economiche locali hanno siglato un importante Patto a sostegno dell’Ateneo di Udine, ribadendone la caratteristica e il valore di università “territoriale” che trae forza e alimento dalla identità e dalla tradizione senza, per questo, restarne rinchiusa e, al contrario, si trova oggi addirittura al secondo posto in Italia per quanto concerne i rapporti internazionali. E sono ben 4 su 10 le sue facoltà che, a livello nazionale, sono al primo e ai primissimi posti. Questi e altri risultati ancora, per esempio quelli ottenuti nel campo dell’innovazione, Parco Scientifico e Tecnologico, eccetera, non sono stati per niente facili da conseguire, considerato lo storico e pesante sottofinanziamento dello Stato. Una indubbia capacità di essere rigorosi, di fare economie e, nel contempo, di innalzare l’offerta complessiva riorganizzando ed efficientando. Il rapporto numerico tra il personale e gli iscritti è il migliore in Italia e i docenti, sebbene non numerosi, garantiscono una didattica eccellente, il personale tecnico-amministrativo, ancor meno consistente, mette a disposizione servizi di elevata qualità. Va dato riconoscimento e rispetto a tutta la comunità accademica della Università di Udine, ottimamente guidata dal Magnifico Rettore Cristiana Compagno. Ma tutto ciò che è stato e sarà fatto non risulterà sufficiente qualora il Governo nazionale non dovesse praticare concretamente, non più solo a parole come nel passato, la strada della meritocrazia e, perciò, riconoscere in termini di risorse aggiuntive all’Ateneo friulano quanto si è conquistato sul campo, quanto gli spetta di diritto. Continuare a sottofinanziare l’Ateneo friulano equivarrebbe a disconoscere l’impegno, la laboriosità e la serietà non solo della nostra università ma dell’intera comunità friulana. E’ necessario che i gruppi dirigenti locali siano formati e informati; affinchè i “decisori” operino scelte proficue si impone che lo facciano sulla base di reali e fondate conoscenze. Servono studio, approfondimento, cultura e pensiero per immaginare e costruire il domani. Ed è proprio per questo che l’Università di Udine rappresenta un motore insostituibile di sviluppo sociale, economico e culturale, anche e soprattutto oggi che una crisi tremenda rischia di pregiudicare il futuro della nostra gente e della nostra terra. E l’Ateneo di Udine, che è senz’altro un asset strategico per il Friuli e per l’intera Regione, è indispensabile per i giovani in quanto offre loro quella istruzione, cultura e competenza “alte” che sono fondamentali per la loro crescita personale, per il loro lavoro e il loro benessere. Il Friuli e la sua Università hanno fatto la loro parte. Adesso lo Stato faccia la sua.