VITALIZI NEL MIRINO DELLA CISL FVG
Intervento del Segretario generale Giovanni Fania
All'indomani degli ipotizzati provvedimenti sulle pensioni, penso sia doveroso rimettere al centro della discussione la questione dei vitalizi generosamente elargiti ai parlamentari ed anche ai nostri consiglieri regionali.
Dopo settimane di clamore, sdegno, indignazione, la spiacevole impressione è che il tema dei costi della politica – già lanciato in tempi non sospetti proprio dalla Cisl – si sia attutito, relegato quasi ai margini dalle urgenze scottanti che stanno pesantemente condizionando la tenuta del nostro Paese.
Eppure il tema dei costi impropri della politica, ed in particolare dei vitalizi, resta un assist prioritario, che non può essere ignorato, ma anzi deve diventare uno dei passaggi fondamentali del processo riformatore di cui questo Paese ha bisogno.
Come Cisl crediamo che il buon esempio possa venire anche dalla nostra regione con provvedimenti ed azioni ancor più incisive di quelle già annunciate dal governatore Tondo. Azioni quanto mai necessarie, che intervengano soprattutto sul trattamento (degli addirittura sette previsti) più rilevante – e forse imbarazzante – goduto dai consiglieri, ovvero l'assegno del vitalizio, immutato da ben 47 anni! Quarantasette anni, durante i quali – è bene ricordarlo – il sistema previdenziale italiano è stato rivoltato come un guanto: sono sparite le baby pensioni per i pubblici dipendenti; ci sono state ben due riforme sostanziali, la "Amato" e la "Dini", che hanno introdotto norme stringenti, andando a diminuire in modo significativo i rendimenti pensionistici; è stato introdotto il sistema della previdenza complementare a copertura di quel 10-15% perso con il passaggio al calcolo contributivo; si è interventuti a più riprese sull'età, ancorandola all'aumento delle aspettative di vita. Nulla, invece, è stato fatto rispetto ai vitalizi, aggrappati al 1964, come se nel frattempo non fosse successo niente. E come se non bastasse chi continua a godere di questi privilegi antistorici non smette di predicare la necessità di rividere in chiave di rigore le pensioni dei lavoratori dipendenti ed autonomi. Isomma, si continua a voler mettere mano nelle tasche altrui, ma non nelle proprie. Ed è per questo che forse è utile rispolverare un po' di numeri e fare un po' di memoria, anche appoggiandoci alla ricerca curata da Paolo Moro. Dunque, da una parte ci sono i contributi pagati dai consiglieri regionali e che sono pari al 19% dell'indennità di presenza (Ipr) mensile, che a sua volta corrisponde al 70% dell'indennità dei parlamentari (agganciata niente meno che alla retribuzione del presidente di sezione della Corte di Cassazione, ovvero 190mila euro annui). L'Ipr supera i 130mila euro, mentre per il contributo previdenziale siamo a circa 25mila euro. A fronte di ciò, il beneficio è sbalorditivo se si considera che per i primi 5 anni di mandato il rendimento è pari al 3,5% annuo calcolato sull'indennità dei parlamentari e che, man mano che matura l'anzianità, si può arrivare fino al 50%. Tanto per capire meglio come stanno le cose, basti pensare che – per tutti noi – il rendimento annuo garantito dal sistema retributivo arrivava al 2% di modo tale che chi aveva lavorato, per esempio, 35 anni andava in pensione con il 70% dell'ultima retribuzione; con il sistema contributivo, invece, si possono ipotizzare rendimenti annui tra l'1,2% e l'1,6%. Come a dire, che dopo 10 anni, il vitalizio garantisce il 33,75% dell'indennità parlamentare, mentre una pensione contributiva già buona, soltanto il 15%.
Si diceva prima che la regione Friuli Venezia Giulia potrebbe dare il buon esempio e fare da apripista, ad esempio andando a ritoccare la sua base di calcolo dei vitalizi, che non poggia sull'Ipr su cui vengono calcolati i contributi, ma sulla ben più vanatggiosa indennità parlamentare (anzichè regionale) che rappresenta una base di calcolo più ampia addirittura del 42%. Questo, in altri termini, significa che un consigliere con due mandati e dieci anni di anzianità contributiva, per una pensione di 25 anni (al netto di inflazione e rivalutazione) versa un contributo pari a 251mila euro, a fronte di un vitalizio pari a 1milione 575mila euro. Il disavanzo ammonta, dunque, all'84% e solo il 16% del costo è coperto dai contributi.
Tutto questo per dire che la riforma dei vitalizi resta per la Cisl un fatto assolutamente urgente: ben venga la proposta del presidente Tondo di innalzare l'età pensionabile a 65 anni, ma questa miura da sola non basta, riducendo il disavanzo tra costi e contributi di soli 4 punti percentuali. Va, invece – a nostro parare – aumentata la quota dei contributi stessi a carico dei consiglieri, ma si dovrebbe intervenire anche sui privilegi degli ex consiglieri, riducendone il vitalizio e, magari, stabilendo anche un contributo di solidarietà a parziale copertura del debito previdenziale storico maturato dalla regione. Ma soprattutto risulta indispensabile prevedere una pensione contributiva a capitalizzazaione con iscrizione dei consiglieri a un fondo pensione complementare, perchè no quello regionale in via di definizione. I consiglieri potrebbero essere i primi contribuenti, seguiti dai pubblici dipendenti regionali e, ancora, dai dipendenti delle piccole imprese. In questo modo si equilibrerebbe il sistema in chiave di equità, oltre a dare fiato alla strumento della previdenza complementare.