FEMMINICIDIO DI ROVEREDO, PER IL COORDINAMENTO DONNE CISL FVG NON CI SONO ATTENUANTI
All’indomani della decisione shock: “Ci saremmo aspettate una pena esemplare commisurata al reato”
“Non ci sono possono essere giustificazioni quando una vita viene stroncata, tra l’altro da parte di chi diceva di amare quella persona. Troviamo aberrante la pena di ventiquattro anni inflitta a chi si è macchiato di un atto così grave, così come sono aberranti sono le dichiarazioni della difesa che inducono a giustificare un assassino, perché di questo parliamo, tirando in ballo “scompensi emozionali” o il raptus”: all’indomani della sentenza shock sul femminicidio di Roveredo, il Coordinamento delle donne della Cisl Fvg non ci sta. “Basta, veramente basta con questi giochi di parole uno scompenso emozionale? Questo è un femminicidio, un atto gravissimo dirompente che getta nella disperazione genitori che devono prendersi cura di due creature, i nipoti, e dar loro la speranza di un futuro pieno di aspettative. E basta sbattere in prima pagine descrizioni delle vittime tendenti a giustificare, se non assolvere, i colpevoli. Il colpevole è chi uccide. Punto!” – incalza con forza la coordinatrice donne dell’USR CISL FVG Alessia Cisorio. “Queste sentenze non hanno nulla di educativo, anzi il contrario” – commenta a caldo anche Claudia Sacilotto, segretaria regionale Cisl. “Il femminicidio deve essere punito con pene esemplari sia come deterrente sia perché è un atto ignobile, in questo caso tra l’altro compiuto nella propria abitazione dove una persona dovrebbe essere al sicuro. Questo dovrebbe essere una aggravante, altro che scompenso emozionale!”.
Resta – per il Coordinamento donne Cisl Fvg – l’urgenza di continuare a lavorare sulla prevenzione, l’educazione e il gioco di squadra tra scuola e famiglia, la formazione di assistenti sociali, forze di polizia, psicologi e magistrati: solo così sarà possibile fermare atrocità come quelle di Roveredo. Tuttavia – concludono Sacilotto e Cisorio – è indubbio che bisogna ricercare strumenti nuovi per debellare un fenomeno ancora troppo diffuso, così come per andare alla radice dello stereotipo alla base della violenza, ovvero l’idea della donna come un oggetto da possedere”.