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INDUSTRIA FVG, GARANTIRE IL FUTURO ATTRAVERSO INVESTIMENTI E ATTRATTIVITA’

A Pordenone si discutono scenari e strategie sull’industria Fvg: il livello delle sfide si è alzato. Serve un grande patto regionale.

Si è alzato anche per il Friuli Venezia Giulia il livello delle sfide: per garantire un solido futuro all’industria, tra scenari geopolitici in evoluzione, gelo demografico e tecnologie dirompenti, occorre più che mai stringere un grande patto regionale fondato sulla competitività.

La sollecitazione arriva dalla Cisl Fvg, che oggi, a Pordenone, assieme alla Fim regionale e nazionale, e al direttore di Oikonova Giuseppe Sabella, ha fatto il punto non solo sullo stato di salute dell’industria, ma soprattutto sulle strategie da porre in atto per garantire la competitività del territorio e traguardare il comparto da qui a dieci anni.

Favorire la competitività “Il nostro sistema economico – precisa per il Sindacato, Cristiano Pizzo –  continua a dare segnali di vitalità, contando anche sulla presenza di multinazionali estere (il Fvg è la terza regione italiana per unità locali insediate e la seconda per addetti coinvolti), ed un tasso di occupazione (68,7%) sostanzialmente buono. Tuttavia non mancano i motivi di preoccupazione dovuti, da una parte, alle difficoltà registrate nel comparto dell’industria (-5mila occupati) e dall’altra all’urgenza di rendere più competitivi alcuni di quegli elementi determinanti per attrarre investimenti e lavoro in regione, a partire dalla digitalizzazione, dal rapporto tra ricerca e fabbisogni e dal sistema della pubblica amministrazione”.

I punti critici Se, infatti, la rete infrastrutturale del Fvg rappresenta sicuramente un asset molto forte, meno soddisfacente risulta quella immateriale, basti pensare che solo 2 aziende su 5 hanno accesso ad una connessione internet veloce, nonostante l’adozione da parte delle imprese di tecnologie digitali avanzate. Altro punto critico, quello del segmento legato all’innovazione e ricerca: è vero che la spesa sostenuta su queste voci ci pone tra le regioni più virtuose, ma è altrettanto vero che spesso ricerca e innovazione risultano scollegate dal contesto e dalle necessità del territorio, dei lavoratori e dei cittadini.  A ciò vanno poi aggiunti una pubblica amministrazione che va ulteriormente velocizzata rispetto alle pratiche di avvio di attività aziendali, per reggere la competizione con le confinanti Austria e Slovenia; un fabbisogno di elettricità ancora dipendente per il 47% da fonti fossili; uno sviluppo industriale fermo per quanto riguarda 180 complessi produttivi, che attualmente risultano degradati, da riqualificare o non utilizzati e concentrati prevalentemente sul territorio udinese.

La proposta “Oggi – afferma Pizzo – il tema della competitività e, di conseguenza, dell’attrattività è quanto mai centrale: bene, dunque, il tavolo regionale avviato su queste priorità, e dal quale auspichiamo che la Regione predisponga un grande piano di intervento, anche economico, a sostegno del patto che va stretto tra organizzazioni sindacali, confindustrie, consorzi e tuti gli altri rappresentanti dei datori di lavoro. Un patto che parli anche di valorizzazione del lavoro e funga da base per relazioni sindacali forti e partecipative”.

La fotografia Quanto alle difficoltà dell’industria Fvg, stando ai dati del Dipartimento Industria della Cisl Fvg, a giugno scorso, risultano 149 le aziende che hanno fatto richiesta di ammortizzatori sociali, soprattutto cassa integrazione ordinaria, coinvolgendo complessivamente 15mila 840 addetti. Le difficoltà si concentrano soprattutto sul territorio di Pordenone, con 77 aziende che hanno attivato gli ammortizzatori. Quanto ai settori, a soffrire di più sia per aziende che per lavoratori interessati è la metalmeccanica (63 aziende e 8mila 928 addetti), seguita a distanza dal comparto legno (24 aziende per 2mila775 lavoratori).

Il quadro nazionale e il futuro dell’industria E proprio sulla situazione della metalmeccanica è intervenuto, a conclusione dei lavori, anche il segretario generale nazionale della Fim Cisl, Ferdinando Uliano.

Nel settore metalmeccanico e in molte regioni, tra cui anche il Friuli Venezia Giulia, abbiamo registrato un aumento sostanziale di aziende in crisi in questo primo semestre 2024, che ha prodotto un allargamento dei lavoratori e delle aziende che vivono maggiori criticità. Il dato nazionale evidenzia rispetto all’ultima rilevazione un aumento sostanziale di lavoratori coinvolti, siamo passati dai 83.817 lavoratori di sei mesi fa a circa 103.451 di oggi, con un conseguente aumento della cassa integrazione in molte delle aziende. Ai tradizionali settori e casi irrisolti di crisi aziendali si sono aggiunti nel corso dei mesi fattori non direttamente legati all’industria a partire dalle tensioni geopolitiche e le incertezze che questi vanno a determinare che sommati alla fase di transizione green e digitale stanno determinando effetti negativi rispetto alla domanda. A queste si somma la brusca frenata dell’industria metalmeccanica tedesca che aveva cominciato a dare i primi segnali a fine anno e a cui siamo particolarmente legati. Abbiamo settori strategici e rilevanti come l’automotive, la siderurgia e l’elettrodomestico in forti difficoltà. Come metalmeccanici abbiamo messo in campo mobilitazioni e sottoscritto – vedi l’automotive – documenti anche con le parti datoriali per richiedere al Governo delle politiche industriali che governino e sostengano imprese e lavoratori più coinvolti nelle transizioni.  Tutto questo necessita di un sostegno di carattere pubblico che superi la logica dei bonus e investa seriamente e con convinzione su una strategia che punti a finanziare investimenti in tecnologie e in competenze dei lavoratori. Gran parte delle aziende in crisi, hanno in un modo o nell’altro a che fare le transizioni green o digitale – transizioni che nel nostro Paese stiamo affrontando in maniera scoordinata. L’Italia non può fermarsi di fronte alle transizioni tecnologiche, digitali e ambientali in atto né pensare che il sistema industriale, da solo, possa affrontare questa sfida L’innovazione tecnologica ha da sempre rappresentato un fattore di crescita e produttività, con l’avvento dell’AI nell’industria potremmo intercettare le opportunità legate a questa rapida e profonda trasformazione del lavoro, solo se sapremmo legarle alla capacità di politiche di formazione e gestione/riorganizzazione del tempo lavoro, anche grazie alle tecnologie. Per questo nel precedente Contratto Nazionale e nella piattaforma rivendicativa del Contratto Nazionale dei metalmeccanici di cui si è avviata la trattativa proprio questi giorni, tra i principali temi abbiamo inserito la riduzione oraria e la formazione tra gli elementi qualificanti. Solo riqualificando e formando le persone potremmo intercettare le opportunità che la tecnologia ci pone davanti.  La partita di riorganizzazione delle supply chain mondiali e dell’energia green implica da parte del Governo maggiore impegno per cogliere le opportunità che si tanno generando, per questo continuiamo a chiedere atti e piani concordati che diano certezze e segnino il rilancio possibile di aziende e filiere. L’industria metalmeccanica rappresenta una grande leva di benessere economico per l’intero Paese, con grandi potenzialità e un dinamismo che però va accompagnato e sostenuto. Ci aspettiamo dal Governo un’azione più decisa per attrarre nel nostro Paese nuovi investimenti industriali.