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MERCATO DEL LAVORO, ALLARGARE I CONFINI A FAVORE DELLA MOBILITA’

I risultati dell’indagine inedita realizzata dalla Cisl Fvg, nell’ambito del progetto europeo Euradria 2017 (Program – EASI – EURES – “Cross-border partnerships and support to cooperation on intra – EU mobility for EEA countries”). Intervistati 161 lavoratori e 69 imprese tra Fvg, Slovenia e Croazia: i rischi esistono, ma anche le opportunità.

La premessa Centossessantuno questionari somministrati a lavoratori di Friuli Venezia Giulia, Slovenia e Croazia; 69 imprese contattate con l’obiettivo comune di indagare attraverso le risposte fornite e, quindi, l’esperienza diretta delle persone e delle aziende, quali sono i maggiori ostacoli, sia reali, sia percepiti, rispetto al lavoro transfrontaliero. E’ questa l’indagine, realizzata dalla Cisl Fvg, in collaborazione con il Sindacato sloveno KS90 e la Camera di Commercio di Capodistria, nell’ambito del progetto europeo Euradria (Program – EASI – EURES – “Cross-border partnerships and support to cooperation on intra – EU mobility for EEA countries”), che vede capofila la Regione e la cui finalità è quella di contribuire in termini concreti a migliorare la mobilità transfrontaliera tra le tre “regioni” adriatiche.
Il commento “L’auspicio – commenta il segretario della Cisl Fvg e coordinatore dell’azione progettuale, Luciano Bordin – è quello, sulla base dei risultati ottenuti, di dare alle istituzioni non solo europee, ma anche nazionali e soprattutto locali, la possibilità di intervenire sulle principali criticità emerse, con strumenti legislativi ed operativi adeguati e funzionali a sostenere le necessità dei lavoratori e di chi cerca un’occupazione in un Paese diverso da quello di residenza”.
“Se da una parte – prosegue Bordin – risultano confermate le criticità legate soprattutto alla difformità dei sistemi previdenziali, fiscali e di welfare (inteso come ammortizzatori sociali e tutele complessive) tra i tre Paesi, e che vanno sanate a livello istituzionale, dall’atra parte emerge la necessità di condividere anche a livello locale, magari attraverso tavoli operativi transfrontalieri, politiche operative e strumenti reali per favorire la mobilità transfrontaliera ed anche il matching tra domanda ed offerta di lavoro tra i diversi Paesi, soprattutto se pensiamo ad alcuni settori dove la manodopera è richiestissima, come nella cantieristica, nel sistema portuale o in quello dei servizi”. “E’ chiaro – esorta il segretario cislino – che per quanto ci riguarda il mercato del lavoro non può fermarsi a Sezana, perché un mercato così concepito in termini chiusi crea, all’ambito locale, un danno sia in termini economici, sia occupazionali”. “Resta poi un passaggio obbligato in quest’ottica di collaborazione – conclude Bordin – riuscire a dare un numero quanto più preciso delle persone che ogni giorno o settimanalmente attraversano le nostre frontiere per lavoro: stimiamo ormai da anni possano essere circa 10mila, ma non siamo oggi in grado di monitorare né il flusso di lavoratori irregolari, né la reale entità del fenomeno nel suo complesso. Per questo serve un impegno maggiore tra i tre Paesi e, per quanto ci riguarda, il Friuli Venezia Giulia: è, infatti, evidente che il transfrontalierato è cambiato probabilmente nei numeri, e con certezza nella tipologia dato che attualmente registriamo, differentemente dal passato, anche lavoratori del Friuli Venezia Giulia che si spostano in Slovenia e Croazia, e non solo qualifiche elevate”

La ricerca Il questionario è stato somministrato ad oggi a 161 persone (62 donne e 99 uomini), suddivisi per nazionalità (98 provenienti dal Friuli Venezia Giulia, 52 sloveni, 10 croati), tipologia di forza lavoro (studenti/ in cerca di prima occupazione, disoccupati, occupati), per età e titolo di studio. In particolare, 45 sono stati gli studenti intervistati, 6 le persone in cerca di prima occupazione, 25 i disoccupati e 85 gli occupati.
Per quanto riguarda, invece, le aziende sono 69 quelle consultate attraverso il questionario anonimo somministrato, 31 del Friuli Venezia Giulia, 37 slovene e 1 croata. Si tratta per lo più di di micro e piccole imprese (53 su 69), di cui, sulle totali considerate, solo 18 impiegano attualmente lavoratori transfrontalieri (20 donne e 98 uomini).
*Si evidenzia che non sempre il totale delle percentuali da il risultato di 100 perché alcune domande prevedono una risposta di tipo multiplo
La ricerca sulle forze lavoro: studenti e persone in cerca di prima occupazione
In questo caso l’indagine, riferendosi a persone che non hanno svolto un’esperienza di lavoro transfrontaliero, si basa sulle loro percezioni e non su una valutazione oggettiva degli eventuali vantaggi/svantaggi di questo tipo di lavoro.
Su 51 intervistati, 15 stanno cercando attivamente un lavoro. Di questi, ben 12 stanno valutando le opportunità di lavorare come transfrontalieri. A questi 12 è stato chiesto quali sono, secondo loro, i vantaggi derivanti da questo tipo di lavoro:
Il 64,29% identifica nella maggiore disponibilità di posti di lavoro un fattore di stimolo a seguire le maggiori opportunità di carriera e  la migliore retribuzione (fattori attrattivi selezionati entrambi dal 42,86% degli intervistati),
Sono stati, invece, considerati poco importanti i vantaggi derivanti dal sistema  fiscale (42,86%) e dal sistema previdenziale e sociale (35,71%).
Sempre a questi 12 intervistati è stato chiesto anche quali sono, secondo il loro punto di vista, gli ostacoli del lavoro transfrontaliero.
Gli studenti e chi è in cerca di prima occupazione non considerano le differenze linguistiche, i collegamenti transfrontalieri, l’alloggio, la difformità della normativa previdenziale e fiscale, la difficoltà del riconoscimento dei titoli di studio e i trattamenti economici eventualmente peggiori, come ostacoli alla loro scelta. Tali voci vengono, infatti, giudicate, nel contesto di una scelta di lavoro transfrontaliero, come poco importanti.
Pur considerando poco importanti questi “ostacoli”, gli intervistati chiedono comunque la disponibilità di corsi di formazione, soprattutto improntati alla lingua e il supporto di amici e famigliari
Benché per più della metà del campione complessivamente inteso, non siano stati rilevati ostacoli particolarmente insormontabili, dei 39 intervistati che non stanno cercando occupazione transfrontaliera, gli ostacoli maggiori rispetto a questa scelta si sono rivelati:
-Collegamenti transfrontalieri difficoltosi o costosi (39,02%)
-Alloggi difficili da trovare o costosi (34,15%)
-Normativa previdenziale difforme (34,15%)
-Normativa fiscale difforme (34,15%)
-Difficoltà di ottenere il riconoscimento del titolo di studio (31,71%)
-Esperienze negative di famigliari, amici o conoscenti (14,63%)

Non sono considerati ostacoli rilevanti  le difficoltà linguistiche (60,97%), il trattamento economico eventualmente peggiore (80,48%), il fatto di lavorare all’estero (82,93%) e la considerazione che il lavoro transfrontaliero non sia sufficientemente garantito e sicuro (80,49%).
Rispetto alla ricerca di informazioni circa il lavoro transfrontaliero, il 70,59% degli intervistati  non ha cercato informazioni, mentre i restanti si sono rivolti ad amici, famigliari e conoscenti (17,65%) o hanno consultato internet (19,61%).

La ricerca sulle forze lavoro: disoccupati o iscritti alle liste di mobilità
Le persone intervistate sono state 25, di cui 24 con un’esperienza lavorativa svolta in passato in Italia, Croazia o Slovenia e 17 con un lavoro transfrontaliero alle spalle. Si tratta, in particolare, di 22 italiani e 2 sloveni, occupati in passato prevalentemente nella micro e piccola impresa (20) dell’industria e del terziario (85,15%), inquadrati soprattutto come operai o subalterni.
Ai 17 disoccupati che hanno avuto un’esperienza di transfrontalierato, abbiamo chiesto quali siano stati gli aspetti positivi e negativi di questo tipo di lavoro. Ne è emerso, per quanto riguarda gli aspetti positivi:
-Retribuzione migliore (73,69%)
-Relazioni con i colleghi (47,37%)
-Relazione con la proprietà e il titolare (57.90)
-Mentre sono valutate in maniera più fredda le seguenti voci:
-Maggiori opportunità di carriera (63,16%)
-Maggiore riconoscimento della professionalità (57,90%)
-Vantaggi previdenziali e fiscali (78,95%)
Rispetto, invece, alle difficoltà riscontrate, non ne sono state rilevate di importanti o particolarmente significative. Per la maggior parte del campione, infatti, le differenze linguistiche, i collegamenti transfrontalieri, l’alloggio, la difformità della normativa previdenziale e fiscale, la difficoltà del riconoscimento dei titoli di studio e i trattamenti economici eventualmente peggiori, risultano valutati come difficoltà nulle o di poco conto. Nella griglia, quelle che riportano un valore più alto come difficoltà sono la difformità previdenziale e fiscale.
Nel superamento delle difficoltà un peso di rilievo è giocato dalla rete amicale e famigliare con il 26,32% degli intervistati che si è rivolto a questo tipo di supporto.
Alla domanda sul motivo della scelta di lavorare in un Paese transfrontaliero, il 57,89% ha risposto “la migliore retribuzione“ e il 31,58% la “maggiore disponibilità di posti di lavoro”.
Nella ricerca del lavoro transfrontaliero, la maggior parte del campione non ha cercato informazioni preliminari (41,18%), mentre la restante parte ha cercato informazioni attraverso internet (41,18%), famigliari e amici (29,41%) e lo sportello Eures (23,53%).
Sul motivo per cui si è conclusa l’esperienza transfrontaliera, rilevano in assoluto i problemi aziendali (47,37%) intesi come riduzione del personale, fallimenti etc…
Per quanti del campione non hanno mai svolto un lavoro di tipo transfrontaliero (disoccupati) la motivazione poggia su valutazioni “percepite”. In particolare, si evidenzia una netta cesura tra chi considera gli ostacoli elencati (differenze linguistiche, collegamenti transfrontalieri, alloggio, difformità della normativa previdenziale e fiscale, difficoltà del riconoscimento dei titoli di studio e trattamenti economici eventualmente peggiori) per nulla o poco e, abbastanza o molto. Restano, invece, unanimemente poco importanti la normativa fiscale e previdenziale e la necessità di doversi spostare.
►La ricerca sulle forze lavoro: occupati
I questionari somministrati sono stati 85: 59 riguardano lavoratori del Friuli Venezia Giulia, 25 occupati sloveni e 1 della Croazia. Anche in questo caso si tratta di lavoratori della micro e piccola impresa (52), prevalentemente dell’industria e del terziario (95,41%), impiegati (34), operai (31), Irregolari con contratto, ma non applicato nella retribuzione o nelle ferie (5) ed altre figure (15). Degli 85 intervistati, 35 attualmente svolgono un lavoro transfrontaliero, 10 lo hanno avuto nel passato e 40 non hanno questo tipo di esperienza. Rispetto a quelli che attualmente svolgono un lavoro transfrontaliero, gli aspetti positivi risultano essere:
-La retribuzione (26 su 35 risposte)
-La relazione con i colleghi (19 su 35 risposte)

Vengono considerate, invece, poco o per nulla importanti le opportunità di carriera (24 su 35 risposte), il maggiore riconoscimento della professionalità (23 su 35 risposte), i vantaggi previdenziali e fiscali (24 su 35 risposte) e la relazione con la proprietà o il titolare (24 su 35 risposte).
Quanto, invece, agli aspetti negativi del rapporto di lavoro, rileva soprattutto la difformità della normativa fiscale (22 su 35 risposte), mentre le altre voci (differenze linguistiche, collegamenti, alloggi, previdenza, riconoscimento titoli di studio, problemi di integrazione, trattamento economico eventualmente peggiorativo e mancanza di contratto regolare) risultano considerate in maniera marginale come aspetti negativi.
Anche in questo caso, il superamento delle difficoltà viene attribuito soprattutto al supporto di famigliari, amici e conoscenti.
Sulle motivazioni che hanno indotto il campione ad affrontare un lavoro di tipo transfrontaliero, emerge la “migliore retribuzione”, seguita dalla “maggiore disponibilità di posti di lavoro”.
Al pari, è sempre la rete amicale/famigliare il punto di riferimento della ricerca di informazioni, seguita dalle organizzazioni sindacali e da internet. Distaccati i centri per l’impiego ed il servizio Eures.
Rispetto, infine, ai 40 intervistati occupati che non hanno mai avuto un’esperienza transfrontaliera, i motivi – stante che non esistono rilevanti difficoltà rispetto a questo tipo di scelta – vanno ricercati prevalentemente nella difformità previdenziale e fiscale. Resta poi il dato della mancanza di ricerca di informazioni rispetto al tema (72% delle risposte).
►La ricerca sui datori di lavoro La maggior parte delle aziende che impiegano lavoratori transfrontalieri (12/18) hanno dichiarato di non aver incontrato problemi in fase di contrattualizzazione del lavoratore. Solo 5 imprese, infatti, dichiarano di avere avuto alcune difficoltà legate, in ordine di importanza a:
Problemi linguistici di comprensione reciproca (4)
Difficoltà di reperimento informazioni precise rispetto a questioni burocratiche (3)
Problemi di compatibilità dei sistemi fiscali (ad es. doppia tassazione) (3)
Una, infine, ha dichiarato di avere avuto molti problemi. Tutte le 6 aziende che hanno dichiarato una o più difficoltà in fase di assunzione, se da una parte hanno affermato di aver risolto le criticità emerse, dall’altro hanno evidenziato come le criticità si siano comunque protratte nella fase di gestione del rapporto di lavoro, successiva all’assunzione. In particolare, a permanere è la difficoltà di natura fiscale, mentre quelle linguistiche non si presentano più.
L’assunzione del lavoratore transfrontaliero non è avvenuta a fronte di una ricerca specifica, ma in via del tutto casuale (16/18 aziende). Il canale di intercettazione del lavoratore è ancora una volta quello della segnalazione da parte di conoscenti e altre aziende (13/18).
Le 50 aziende che non hanno mai avuto lavoratori transfrontalieri hanno dichiarato:
Che non se ne è mai presentata l’occasione (26)
di non averne mai avuta la necessità (21)
Solo 3 aziende ritengono che l’assunzione di questo tipo di lavoratori sia una soluzione troppo complicata.
Le aziende intervistate assumerebbero comunque lavoratori transfrontalieri con maggior facilità se potessero contare su:
-il supporto di servizi specialistici
-incentivi maggiore chiarezza normativa
A conti fatti possiamo affermare che le aziende (italiane e slovene), anche quelle che non hanno mai avuto questa tipologia di lavoratori, non palesano alcuna difficoltà o pregiudizio rispetto all’assumerne. Si riconferma la necessità anche per le aziende di eliminare gli ostacoli già ben noti agli operatori del settore – fisco, previdenza, welfare, etc. – che richiedono evidentemente una risoluzione a livello istituzionale, legislativo nel confronto tra i tre Paesi. Certamente un’informazioni più capillare e specifica rispetto a questa possibilità favorirebbe la loro presa in considerazione. Resta il fatto che diverse aziende hanno chiesto di essere tenute informate o contattate telefonicamente rispetto a questo argomento perché interessate.
Nota metodologica dell’indagine L’indagine è stata realizzata attraverso la somministrazione di un questionario anonimo, che “poggia” su una piattaforma open source. Chi volesse partecipare all’indagine può farlo fino al 31 dicembre ai fini del progetto europeo Euradria e oltre, accedendo al seguente link: http://limesurvey.ialweb.it/, a breve anche sul sito www.euradria.org e su quello della Regione Fvg.