INFRASTRUTTURE, PRIORITA’ PER IL FRIULI VENEZIA GIULIA
Il segretario generale della Cisl Fvg, Alberto Monticco, interviene sul tema dei cantieri: “Opere infrastrutturali prioritarie anche per il Friuli Venezia Giulia”.
Infrastrutture e trasporti leva strategica di rilancio dell’economia
Da anni come Parti Sociali lamentiamo l’assenza di una seria politica integrata dei trasporti e delle infrastrutture a livello nazionale, la mancanza di programmazione pubblica e d’analisi della mobilità in una visione sistemica di tutte le sue componenti, per cambiare strutturalmente la situazione di disequilibrio tra le varie modalità di trasporto e per rilanciare quelle collettive nella mobilità locale delle persone. Come Cisl, in particolare, abbiamo sempre evidenziato che i trasporti e le infrastrutture costituiscono una priorità indispensabile nelle politiche di sviluppo industriale e di rilancio produttivo sia del Paese che della nostra regione.
Friuli Venezia Giulia, baricentro dell’Europa
Per la sua posizione geografica il Friuli Venezia Giulia è naturalmente favorito nelle interazioni con i Paesi dell’Europa Centro Orientale (Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Serbia, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Macedonia, Albania, Croazia e Slovenia) e già da molto tempo è interessata da un notevole aumento del traffico di persone e, soprattutto, di merci.
Rispetto a tale situazione, risulta evidente la necessità di una politica del settore dei trasporti e delle infrastrutture lungimirante, in grado di cogliere opportunità e produrre esiti concreti in tempi definiti.
Ennesimo stop al Corridoio Adriatico-Baltico
Pensiamo alla questione dei grandi corridoi, a partire da quello Adriatico-Baltico, che ci riguarda da vicino e di cui è da più di un decennio che sentiamo parlare come opera infrastrutturale strategica. La realizzazione del progetto è slittata ancora in avanti, si parla di un paio di anni se tutto va bene. La causa del ritardo pare essere imputabile alla difficoltà di costruire il tunnel ferroviario della Koralm, ovvero l’area montagnosa che separa la Carinzia dalla Stiria, vale a dire quel tratto che dovrebbe collegare Graz a Klagenfurt.
L’annuncio del rinvio è stato dato dal ministro delle Infrastrutture, Norbert Hofer, tuttavia la direzione delle Öbb (le Ferrovie austriache), se ammette che in corso d’opera si sono dovuti affrontare complessi problemi geologici, osserva anche che non erano affatto imprevisti e che se n’era tenuto conto nel preventivare la durata dei lavori. Inoltre le difficoltà tecniche menzionate dal ministro appaiono pretestuose, perché gran parte dello scavo ormai è fatto.
In Carinzia e in Stiria si sospetta che alla base non vi siano ragioni tecniche, ma politiche. Il nuovo governo di centro-destra vuole infatti far vedere che è in grado di ridurre il carico fiscale e al tempo stesso il deficit di bilancio. A questo scopo ha tagliato la spesa in vari settori della pubblica amministrazione, non risparmiando le infrastrutture. Il corridoio Baltico-Adriatico, di cui il tratto Graz-Klagenfurt è essenziale, è visto come un volano per l’economia locale, perché il traffico, soprattutto quello delle merci, metterà in moto tutta una serie di investimenti nel settore dei servizi e della logistica. C’è già chi si è mosso in questa prospettiva – sia a livello privato che pubblico – pianificando investimenti che ora però lo slittamento di due anni rischia di compromettere. Il discorso vale per i Länder Carinzia e Stiria, ma vale anche per il Friuli Venezia Giulia, il Veneto e oltre, perché il terminal del corridoio sarà Bologna.
Io credo che, anche nell’ambito di quegli organismi transnazionali già esistenti, come ad esempio il recentemente rinnovato GECT con Carinzia, Veneto ed Istria, si debba rilanciare con forza anche il tema infrastrutturale, come tema chiave. Sempre rispetto al Gect, tra i cinque progetti di collaborazione che l’organismo ha deciso di portare avanti, ce ne è uno che riguarda la logistica transfrontaliera sostenibile ed intelligente. Io confido che questo possa essere l’inizio per ragionare in termini concreti, e non solo sulla carta, di infrastrutture davvero funzionali.
Trieste e il porto con i fondali più alti d’Europa
In Friuli Venezia Giulia abbiamo un porto strategico – quello di Trieste – che, tra l’altro, vanta i fondali più alti di tutta Europa (18 metri naturali di pescaggio), e che nel contesto dell’Europa Centrale, potrebbe giocare un ruolo di primo piano. Ora, dopo lo sblocco del porto franco di Porto Vecchio, non ci devono essere più alibi: il decreto firmato, con un ritardo di 23 anni (non si fece con la riforma portuale del 1994) è il nostro lascia passare per poter competere con i giganti del Nord, da Rotterdam ad Amburgo. Eppure, ad oggi, non riusciamo a battere neppure la concorrenza dei nostri vicini di casa, come Fiume e Capodistria. Basti pensare alle condizioni di favore offerte dal porto sloveno – per altro sostenuto economicamente dal governo di Lubiana attraverso corpose sovvenzioni statali – in termini di agevolazioni sotto il profilo dei costi energetici e del trasporto ferroviario. Approdare a Capodistria piuttosto che a Trieste, ad oggi significa, per le compagnie marittime risparmiare circa il 40% dei costi.
Un unico sistema regionale integrato
E’ chiaro che, se vogliamo davvero vincere ed essere competitivi, tutto il sistema regionale si deve muovere intorno al porto di Trieste: occorre, cioè, concepire il Friuli Venezia Giulia come un’unica piattaforma logistica integrata: sistema portuale locale (Trieste, Monfalcone, San Giorgio di Nogaro), aeroporto, assi viarie e ferroviarie, centri di smistamento come Cervignano e Gorizia. Credo sia il tempo di superare definitivamente tutte quelle divisioni locali che hanno negli anni impedito il dialogo, a favore del protezionismo dei propri immediati interessi.
Gap digitale
Come Paese (ma anche come Friuli Venezia Giulia) non solo paghiamo la carenza di infrastrutture fisiche, ma anche un gap digitale fortissimo: non è un caso – come rileva una recente ricerca sul tema – che solo 1 azienda su 10 in Italia realizza almeno l’1% del proprio fatturato mediante vendita online, mentre l’incidenza arriva all’1,7% in media nell’Unione Europea. Questo non significa mica che le nostre aziende sono pigre o poco votate all’innovazione, quanto che non hanno le strutture per orientarsi in questo senso: basti pensare al ritardo nella velocità delle connessioni.
Se immaginiamo la nostra crescita transiti per quella che è industria 4.0, non può non preoccupare il risultato sulla copertura della banda larga ultraveloce (almeno 100 Mbps) che in Italia raggiunge il 22% rispetto alla media europea del 58% (in Danimarca il corrispondente dato è pari al 86%) e la relativa diffusione si ferma al 4,8% rispetto al 15,4% di media europea; mentre per quanto riguarda la banda larga fissa – pur registrandosi un lieve incremento (dal 55% del DESI 2017 al 57% del DESI 2018) – l’Italia è al 28º posto della classifica (la media europea è del 75%).